Non tutti i sogni si realizzano.

Neppure se sei l’attaccante che ha segnato più gol nella storia del Velez Sarsfield, glorioso club argentino fondato da italiani.

Neppure se in sette stagioni consecutive giocate nella massima divisione francese riesci ad essere il miglior realizzatore del campionato in cinque di queste.

E nemmeno se sei, dopo Lionel Messi, il giocatore argentino che ha segnato più reti nei campionati di Prima divisione della storia.

Il sogno è giocare con la Nazionale del tuo Paese, l’Argentina, una fase finale della Coppa del Mondo.

Con il numero “9” sulle spalle per fare semplicemente quello che sai fare meglio di tutti gli altri: spedire un pallone in fondo alla rete.

Con la Nazionale qualche partita la giochi, ma sono tornei minori o amichevoli di poca importanza. Segni otto reti in quattordici partite.

Ok, non fai sfracelli ma non è neppure una media realizzativa da gettare alle ortiche.

Juan Josè Pizzuti, il selezionatore argentino insediatosi dopo “el fracaso” della mancata qualificazione ai mondiali del Messico, ha fiducia in te.

Pizzuti però viene sostituito prima dal “Cabezon” Omar Sivori e poi da Vladislao Cap, l’uomo che dovrà guidare l’Argentina ai Mondiali di Germania Ovest del 1974.

Quando Cap dirama la lista dei “22” il nome di Carlos Bianchi non c’è.

E non può essere una scusa quella che Bianchi, da un anno esatto, gioca in Francia e non più in Argentina.

Gioca in Francia e segna tanto da vincere il trofeo del Miglior realizzatore della Ligue 1 alla sua prima stagione.

Tra gli attaccanti convocati ci sono Hector Yazalde e Ruben Ayala che giocano entrambi in Europa, uno in Portogallo e l’altro in Spagna.

A Bianchi è preferito Aldo Poy, l’uomo della “palomita” (il celeberrimo gol di testa in tuffo che diede il titolo al Rosario Central) che però andrà in Germania a fare da spettatore. L’altro attaccante in rosa è un ancora acerbo Mario Kempes.

Il motivo della sua esclusione è un altro.

E come al solito si saprà molti anni dopo.

Siamo nel 1971. Carlos Bianchi ha appena vinto la classifica marcatori del campionato  “Metropolitano” con uno score impressionante: 36 reti in 36 partite.

Per lui si scatena un’autentica asta.

Mezzo Sudamerica è sulle sue tracce.

I più determinati sono i messicani del Cruz Azul e i brasiliani del Flamengo.

E’ una lunga contesa ma a spuntarla sono i messicani.

Carlos Bianchi è ospite del Presidente del Cruz Azul che lo ricopre di attenzioni, pagandogli addirittura la luna di miele prima ancora della firma sul contratto.

… firma sul contratto che però non arriverà mai.

Accade infatti che l’AFA, la Federazione Argentina, si mette di mezzo e decide di impedire il trasferimento all’estero dei calciatori con meno di 24 anni di età (il famoso “Boletín 354”), considerati “patrimonio per il calcio argentino”, decisione solo in parte giustificata dalla cocente delusione della mancata qualificazione ai Mondiali del Messico di un anno prima.

Bianchi è ovviamente tutt’altro che felice.

E non lo nasconde.

«Sono un professionista e credo che nessuno debba decidere del mio futuro».

La sua “imprescindibilità” nella nazionale Argentina dura per altre 4 partite prima di sparire letteralmente dai piani dei Selezionatori, prima Sivori e poi Cap.

Ai Mondiali di Germania l’Argentina supererà il primo turno (ai danni degli azzurri di Valcareggi) per poi confezionare solo sconfitte nel turno successivo.

Passeranno quasi due anni prima che per Bianchi arrivi la possibilità di espatriare.

Sono i francesi dello Stade Reims ad assicurarsi il suo cartellino.

C’è da sostituire un altro grande bomber argentino passato in quell’estate al Monaco.

Si chiama Delio Onnis e diventerà per diverse stagioni il grande rivale di Bianchi nella corsa al titolo di capocannoniere della Ligue One.

Alla sua prima stagione con la sua nuova squadra Bianchi segna 38 reti in 41 incontri ufficiali.

Rimarrà in questo club del Nord della Francia per quattro stagioni segnando sempre tanto e con grande regolarità.

Trionferà nella classifica dei marcatori in tre stagioni su quattro e l’unica dove non riuscirà a farlo sarà per colpa di un infortunio che lo fermerà dopo sedici partite di campionato … con 15 reti all’attivo!

Siamo nel maggio del 1978.

Entro poche settimane Cesar Menotti dovrà diramare la sua lista, quella dei calciatori che sul suolo amico cercheranno di conquistare il primo titolo della storia dell’Argentina.

E sebbene Menotti ammetterà di aver pensato a Carlos Bianchi fino all’ultimo si convincerà a puntare su Leopoldo Luque, unico vero centravanti di ruolo tra i ventidue convocati.

Dopo un’altra eccellente stagione con il Paris Saint Germain (e un altro titolo di capocannoniere stavolta “solo” con 27 reti) arriva però una stagione stranamente poco prolifica per Carlos Bianchi nel frattempo trasferitosi allo Strasburgo.

Guai fisici e solo 8 reti in 22 partite.

Bianchi nell’estate del 1980 decide di tornare in Argentina.

Ovviamente al Velez, che lo sta aspettando a braccia aperte anche se non sono pochi quelli convinti che per il “Virrey” (questo il suo soprannome) sia ormai arrivato il crepuscolo della carriera.

Carlos Bianchi giocherà fino al 1984 con il Club del “Fortin” segnando altri 85 gol in 159 partite dimostrando a tutti l’esatto contrario.

Non sarà la sua ultima stagione con gli scarpini ai piedi.

C’è ancora tempo per un nostalgico ritorno allo Stade Reims.

Il sipario calerà in maniera dignitosa con 8 reti in 18 partite prima di tornare in Argentina dove il club del “José Amalfitani” gli offrirà il ruolo di allenatore.

… senza certo immaginare che con Carlos Bianchi al timone il Club raggiungerà le più alte vette della sua ultra-centenaria storia sportiva.

Ma questa, come direbbe qualcuno, “è un’altra storia” …

ANEDDOTI E CURIOSITA’

Prima di firmare il suo primo contratto professionistico con il Velez Sarsfield Bianchi militò in una squadra giovanile chiamata Ciclón de Juntos.

Negli annali del Club viene ricordata una partita vinta per 14 reti a 0.

… tutte e 14 segnate da Carlos Bianchi!

Nell’estate in cui lascerà l’Argentina per la Francia Carlos Bianchi darà una grande dimostrazione della sua onestà e serietà professionale.

Una volta venuti a conoscenza della sua disponibilità ad un trasferimento oltre a tanti club sudamericani ci sono diversi club della Liga spagnola che si muovono per offrirgli un contratto.

Tra questi l’Atletico Madrid dei suoi connazionali Ayala ed Heredia e pare addirittura il Real Madrid, come confermato anche da Bianchi in una recente intervista.

«Arrivarono ad offrirmi anche tre volte quanto mi era stato offerto dallo Stade Reims. Solo che con i dirigenti francesi ci eravamo già stretti la mano e per il sottoscritto questo vale quanto una firma su un foglio di carta».

L’amore per la “sua” Argentina era tale che come racconta la moglie Margarita «a casa Carlos indossava praticamente sempre una delle sue maglie della Nazionale». Era anche il suo indumento preferito durante la inderogabile “siesta” di Bianchi nel primo pomeriggio.

Se fece scalpore la sua esclusione dal Mondiale del 1974 in Germania Ovest non lo fu da meno quella per i Mondiali successivi del 1978, quelli che l’Argentina disputò (e vinse) sul suolo amico.

Cesar Menotti come detto ammise di aver pensato a Bianchi fino all’ultimo convincendosi solo all’ultimo momento a puntare su Leopoldo Luque come unico vero centravanti di ruolo di quella Selezione.

… e questo nonostante i 37 gol in 38 partite segnati in quella stessa stagione da Bianchi al PSG!

Al termine di quella stagione e di quel Mondiale ancora una volta da spettatore arriva per Bianchi l’offerta di tornare in Argentina. Stavolta è il Boca Juniors del grande Juan Carlos Lorenzo a volerlo.

«E’ l’ultimo pezzo del puzzle. Con Bianchi al centro dell’attacco possiamo davvero vincere tutto, in Argentina e in Sudamerica» queste le parole del tecnico con un importante passato sulla panchina della Lazio. L’offerta è importante, ma ancora una volta i “valori” di Bianchi lo sono di più.

«Ho sempre rispettato le regole. Il PSG non aveva intenzione di vendermi e io ho sempre rispettato i contratti e la parola data» fu come chiuse l’argomento all’epoca Carlos Bianchi.

Il Boca arrivò alla Finale della Copa Libertadores perdendola contro i paraguaiani dell’Olimpia di Asunción … non riuscendo a segnare neppure un gol nelle due partite di finale (o a 2 in Paraguay) e pareggio a reti bianche alla Bombonera.

… a dimostrazione che “El Toto” Lorenzo non si era poi sbagliato.

Solo a fine carriera emerse un particolare curioso e per certi versi sconcertante.

Carlos Bianchi aveva importanti problemi di vista. Durante il periodo al PSG si accorse di avere un’importante miopia.

«Quello che non vedevo lo “sentivo”. Sapevo sempre un attimo prima dei difensori dove sarebbe finito il pallone» ricorda sempre con una punta di ironia Carlos Bianchi aggiungendo che «beh, alla fine non mi sembra che questo piccolo guaio abbia inciso poi tanto»

427 gol in 593 partite … no, diremmo proprio di no!

Dalle informazioni in nostro possesso sembra che Carlos Bianchi sia l’unico nella storia del calcio ad avere avuto erette in sue onore due statue da due club diversi.

Nel dicembre 2015 fu il Velez Sarsfield a farlo seguito meno di un anno dopo dal Boca Juniors.