BLAZ “BAKA” SLISKOVICH: Il genio, le sigarette, Galeone e il Pescara nel cuore
“Sono seduto al tavolino del mio bar preferito in Corso Manthonè a sorseggiare il mio … penultimo bicchiere di rosso di Montepulciano della serata.
Alle pareti di questo locale ci sono tante foto.
In prevalenza attrici ed attori degli anni ’60 e ’70.
Tutti bellissimi e tutti rigorosamente in bianconero.
Poi, quasi nascoste dalle decine di bottiglie di liquori schierate in fila come tanti soldatini, c’è un’altra parete.
Qui ci sono foto di calciatori.
Tutti rigorosamente del Pescara Calcio.
La foto più grande ritrae insieme gli ultimi tre gioielli ammirati al nostro Stadio Adriatico.
Verratti, Immobile e Insigne che si abbracciano dopo un gol.
Ce n’è un’altra che ritrae Zeman di profilo, con la proverbiale sigaretta in bocca, in un’altra c’è uno dei nostri idoli del passato, un pescarese doc che si chiamava Franco Marchegiani e un’altra ancora con Stefano Rebonato, che con i suoi gol a metà anni ’80 ci portò in serie A.
Più in basso, quasi nascosta, ce n’è un’altra.
Grande poco più di una cartolina, infilata nello specchio sulla parete dietro il bancone.
C’è un calciatore con i baffi, una testa folta di capelli neri e la barba incolta.
Sulla foto, in basso a destra, c’è una scritta, quattro lettere in tutto. BAKA.
Ai ragazzi seduti al tavolo di fianco al mio impegnati a bere spritz o qualche altra diavoleria del genere sono sicuro che quella vecchia foto non dice assolutamente nulla …
Ma per quelli come il sottoscritto che hanno le tempie grigie, una ragnatela di rughe in viso e pochi capelli in testa, quell’uomo è stato semplicemente IL CALCIO.
Quando Galeone lo portò a Pescara in quell’estate del 1987 in prestito dai francesi dell’Olympique Marsiglia lo conoscevamo davvero in pochi.
Eravamo addirittura delusi.
Sapevamo che la società aveva acquistato dal Torino Leo Junior, un brasiliano fortissimo che anche se ormai al crepuscolo della carriera era in grado di darci una grossa mano.
Con il suo arrivo eravamo convinti che sarebbe arrivato un altro brasiliano, magari addirittura giovane e nazionale come Junior.
Galeone amava i brasiliani, amava il talento e la genialità.
Ci bastò molto poco per capire il “brasiliano” che sognavamo era arrivato davvero.
… anche se sulla carta d’identità c’era scritto “ BLAZ SLISKOVIC – Nato a Mostar – Bosnia Erzegovina-Jugoslavia”.
Una tecnica di base incredibile, dribbling, un tiro potente e una visione di gioco tale che, come diceva un grande allenatore suo connazionale “permette di vedere autostrade dove gli altri non vedono neppure i sentieri”.
Con uno come Giovanni Galeone, che amava il buon calcio quanto le carte, il buon vino e la vita, e due come “Baka” (tutti lo chiamavano così) e Leo in campo a guidare una squadra di ragazzi che avevano “fame” e qualità come Bergodi, Gaudenzi, Gasperini e il “nostro” Marchegiani, la salvezza non sembrava più una chimera.
Fu una stagione indimenticabile.
Iniziammo vincendo a San Siro contro l’Inter e poi lungo il cammino battemmo il Verona e addirittura la Juventus di Cabrini, Tacconi e del gallese Rush.
Prendemmo anche delle belle sberle ma nessuno se ne lamentava.
Galeone voleva che si giocasse all’attacco contro tutti, senza timori qualunque fosse il blasone dell’avversario.
A fine stagione arrivò la salvezza e Baka Sliskovich, pur giocando a centrocampo, fu il nostro goleador.
Tra lui e Galeone si creò un legame che andava oltre l’aspetto calcistico.
Erano entrambi due antieroi, due sognatori … a loro modo due ribelli nel rigido mondo del pallone.
Interminabili partite a carte, sigarette e vino cementarono un rapporto che avrebbe dovuto andare avanti per anni.
Invece Baka in aprile in una partita al Comunale contro il Torino si fece male.
Senza di lui facemmo la miseria di 3 punti nelle ultime 5 partite …
Per fortuna avevamo messo in cascina punti sufficienti per salvarci, anche se solo per un punto in più sull’Avellino.
Il Marsiglia voleva riprendersi indietro Sliskovic e noi non avevamo gli 8 miliardi di vecchie lire che i francesi chiedevano per il suo cartellino.
L’anno successivo tornammo in B,
Ma il ricordo di quella magica stagione, di Baka, di Galeone, di Leo e dell’Adriatico non ce lo toglierà mai nessuno.
… è ora di ordinare un altro “rosso” … sempre il penultimo, ovviamente.”
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Prima di arrivare nel campionato italiano nelle file del Pescara “Baka” Sliskovich si era già fatto conoscere dai tifosi italiani in due distinte occasioni.
La prima nel marzo del 1980 quando Blaz Sliskovich, non ancora 21enne, gioca con la Nazionale olimpica jugoslava una partita di qualificazione contro la rappresentativa azzurra.
In palio c’è un posto alle Olimpiadi di Mosca dell’estate successiva.
Si gioca proprio a Mostar, la città di Sliskovich, che sarà il protagonista assoluto dell’incontro.
Nel 5 a 2 finale “Baka” segnerà una tripletta e risulterà inavvicinabile per gli azzurri tra i quali spiccava la presenza di giocatori del livello di Altobelli, Ancelotti, Fanna e dei fratelli Baresi.
La seconda capita 5 anni dopo.
Nel frattempo Sliskovich è passato dal Velez Mostar all’Hajudk Spalato, squadra ai vertici del campionato jugoslavo.
Nell’autunno di quel 1985 il sorteggio in Coppa UEFA mette di fronte il Torino di Junior, Zaccarelli, Dossena e Schackner all’Hajduk di Sliskovich, Asanovic e dei fratelli Vujovic.
L’andata a Torino si chiude sul risultato di 1 a 1 ed è proprio Sliskovich che con una magistrale conclusione al volo segna il gol dei suoi.
Nella partita di ritorno, con il risultato ancora sull’1 a 1, sarà ancora “Baka” a segnare il secondo e decisivo gol, stavolta con una impressionante punizione da circa 30 metri.
Ad assistere all’incontro di Torino in tribuna c’è anche lui, Giovanni Galeone, (all’epoca allenatore della Spal) che si segnerà nel suo taccuino il nome di quel talentuoso e un po’ anarchico centrocampista … in attesa dell’occasione giusta che arriverà nell’estate di due anni dopo.
Baka Sliskovich è sempre stato, per dirla come il grande “Faber”, uno che è andato sempre in “direzione ostinata e contraria”.
Fuori dagli schemi, dalle regole e dalle costrizioni di un mondo, quello del calcio, sempre troppo “stretto” per uno come lui che amava la vita e voleva viverla appieno.
Amava le belle donne, il buon vino, il cibo della sua Jugoslavia (cevapcici, pita, cevapi e un immancabile goccio di Slivovitz) e il caffè, consumato in quantità industriali.
E poi c’erano le sigarette.
Blaz Sliskovich era un fumatore “seriale”, da sempre.
“Johann Cruyff era il mio idolo da ragazzo. Non sono diventato bravo come lui, questo lo so benissimo. Ma in una cosa l’ho battuto: IL FUMO !
Dicevano che Cruyff anche quando era in attività un pacchetto al giorno spesso non gli bastava … spesso a me non ne bastano due !” ricorderà con ironia Baka.
A proposito di idoli. Blaz “Baka” Sliskovic è stato l’idolo di un ragazzino francese, figlio di algerini, nato a Marsiglia nel 1972. Diventato ancora più forte di Baka. Il suo nome è Zinedine Zidane.
Poco dopo il suo trasferimento all’Hajduk dove si sta rapidamente affermando come uno dei calciatori più forti dell’intera Jugoslavia ed è già da tempo nel giro della Nazionale, “Baka” si innamora perdutamente di una ginnasta russa.
Per lei molla tutto, calcio compreso ovviamente.
Si trasferisce da lei a Mosca per vivere appieno il suo amore.
Per quasi un anno di lui non si hanno notizie.
L’amore finisce.
Sliskovich torna in Bosnia e all’Hajduk.
E’ da poco rientrato in prima squadra quando subisce un gravissimo infortunio.
Quasi un altro anno ai box.
Ci sono dei dubbi sul suo recupero completo.
“Baka” li spazzerà via tornando a giocare ancor meglio di prima. Nell’estate del 1986 sarà l’Olympique Marsiglia a riempire di franchi le casse dell’Hajduk per il suo cartellino.
A Marsiglia gioca un annata strepitosa, in una squadra dove Papin vive dei suoi assist e a centrocampo con Baka ci sono giocatori del valore di Giresse e Genghini. Arriverà un secondo posto in campionato e Sliskovich verrà eletto “Miglior calciatore straniero” della Prima Divisione francese.
… salvo, poche settimane dopo, essere messo sul mercato per dissapori con la dirigenza e l’allenatore Banide.
Per la gioia di Giovanni Galeone, del Pescara calcio e di tutti i tifosi abruzzesi !
Nel corso di quella magica e indimenticabile stagione in Abruzzo sono davvero innumerevoli i gol, gli assist e le giocate geniali rimaste nei ricordi dei tifosi del “Delfino”.
Ma ci fu un episodio particolare che rimase nella memoria collettiva della gran parte dei tifosi del Pescara.
Si gioca una partita di Coppa Italia. Dopo l’esordio con il Genoa (dove Baka ha già “timbrato” con il suo primo gol con i nuovi colori) e la vittoriosa trasferta di Monopoli, all’Adriatico arriva la Roma del Barone Liedholm.
Sliskovic riceva palla a centrocampo, un po’ defilato sul settore di destra. Su di lui si porta in pressing Bruno Conti, la geniale ala giallorossa.
Sliskovic fa una finta di corpo, Conti cerca di chiudergli lo spazio. Nel farlo però apre un “tantino” le gambe.
Un “tantino” troppo.
Sliskovich ci fa passare la palla in mezzo prima di riprenderla e di puntare palla al piede l’area avversaria, lasciando sul posto un esterrefatto Bruno Conti.
Il boato entusiastico dei 30.000 dello Stadio Adriatico non lascia spazio a dubbi: Pescara ha un nuovo calciatore da amare.
E’ il 10 aprile 1988.
La salvezza per il Pescara è sempre più vicina quando gli abruzzesi salgono al Comunale di Torino per sfidare i granata. Sliskovich è stato una delle rivelazioni del campionato.
Si mormora che diverse grandi squadre siano sulle sue tracce. Roma, Napoli … pare addirittura la Juventus.
Nulla che preoccupi più di tanto Galeone.
Sa che da Pescara “Baka” non ha alcuna intenzione di andarsene.
Quel giorno però il ginocchio di Sliskovich cede.
Altri mesi lontano dal campo e il prezzo fissato dall’Olympique Marsiglia è proibitivo.
Sliskovich tornerà a Marsiglia e inizierà girovagare per la Ligue One prima di un ritorno nostalgico a Pescara nella stagione 1992-1993.
Non sarà più la stessa cosa.
Baka ha imboccato da un paio di stagioni il viale del tramonto.
Ma si accorgerà, pur non riuscendo a dare quello che avrebbe voluto a squadra e tifosi, che una cosa non è cambiata … e non cambierà mai: l’amore della gente d’Abruzzo nei suoi confronti.