E’ una meravigliosa giornata di sole.

A maggio e sulla Costa Azzurra non è una grande novità.

È una giornata in cui un gruppo di amici hanno deciso di ritrovarsi per passare un po’ di tempo in spensierata compagnia. Torneo di golf alla mattina, un bel pranzo a base di pesce e poi una partitella di calcetto per rinverdire i vecchi tempi.

Tutto fila alla perfezione, con i classici scherzi e le risate di amici che si ritrovano dopo aver girovagato per giocare a calcio in tutta Europa per tanti anni.

Qualcuno di loro ha smesso da poco, qualcun altro ha già le tempie grigie da un po’ ma un pallone che rotola è sempre una grande attrattiva.

Giocate di fino, goal a grappoli, difese allegre e tante prese in giro per chi fa già un po’ di fatica dopo pochi minuti di gioco.

Il ritmo è quello che simile al “surplace” dei ciclisti a volte. Ma ci si diverte e questa è per tutti l’unica cosa che conta veramente.

Ad un certo punto però succede qualcosa. Qualcosa di inatteso e all’inizio incomprensibile.

Uno dei protagonisti della “sfida” si ferma improvvisamente. Fa un gesto con la mano. Si scusa perché non riesce a seguire lo sviluppo dell’azione? In fondo è una giornata calda e a quasi cinquant’anni le gambe non sono più quelle di un tempo.

Ma è anche un mattacchione! Magari è solo uno scherzo…

Invece no. È qualcosa di molto peggio.

I compagni più vicini lo vedono cadere a terra in avanti, con le braccia che non provano neppure ad attutire la caduta. C’è decisamente qualcosa che non va.

I primi che si avvicinano al corpo esanime si rendono immediatamente conto che la situazione è disperata. Mentre gli altri chiamano con il cellulare i soccorsi, uno di loro prende in mano la situazione. Deve innanzitutto impedire che la lingua ostruisca la gola facendo soffocare l’amico, poi inizia a praticargli il massaggio cardiaco.

Passano nove minuti prima che l’elicottero dei soccorsi arrivi sul piccolo campetto nelle colline sopra Saint Tropez. Mettono in funzione il defibrillatore. Provano e riprovano: al terzo tentativo ancora non c’è nessun segnale di vita.

La dottoressa si gira verso i compagni dell’uomo a terra. «Il vostro amico è morto» dice, ma continua a provare: una quarta e poi una quinta volta.

Poi un battito.

Il polso che “ritorna”.

Il cuore riprende la sua corsa.

L’elicottero si alza in volo verso Monaco.

Sei ore sotto i ferri e un quadruplo bypass ma tutto è andato alla perfezione.

DAVID GINOLA ce l’ha fatta. È vivo!

La serie di circostanze che hanno contribuito a salvare la vita al talentuoso ex-calciatore di Paris St. Germain, Newcastle e Tottenham fra le altre, sono qualcosa di molto vicino al miracolo.

Prima di tutto, senza i nove minuti consecutivi di massaggio cardiaco effettuati da Frederic Mendy, lui stesso ex-calciatore e amico di Ginola presente quel giorno, sarebbe in ogni caso sopravvenuta la morte cerebrale, vista l’impossibilità dell’ossigeno di arrivare al cervello.

Inoltre, generalmente al terzo tentativo con il defibrillatore, se non ci sono segnali di ripresa, le possibilità sono ridotte al lumicino come la dottoressa aveva comunicato agli amici di David in quei terribili momenti. Eppure lei non si era arresa ed aveva fortunatamente insistito.

Infine, il luogo dell’accaduto. Un piccolo campetto nascosto fra le colline sarebbe stato difficile da localizzare. Per un puro caso, invece, uno dei soccorritori lo aveva notato quella mattina stessa durante un altro intervento. Così la squadra di soccorso aveva immediatamente localizzato la chiamata degli amici di David.

David Ginola nasce a Gassin, a due passi da Saint Tropez, il 25 gennaio 1967.

Il suo inizio nel calcio non è eclatante.

La sua maturazione avviene gradualmente.

Prima nel Tolone, poi nel Racing Club Parigi e poi al Brest.

Proprio a Brest, quando ha già ventiquattro anni, la sua carriera cambia radicalmente.

Durante un incontro di campionato contro il PSG, David è per i più blasonati avversari semplicemente immarcabile.

Il piccolo Brest sconfigge per 3 a 2 il gigante Paris St. Germain e, tempo pochi mesi, David è pronto a lasciare la cittadina sull’Atlantico per trasferirsi a Parigi.

Il suo impatto con il PSG è devastante.

La sua tecnica, il suo dribbling e la sua velocità fanno immediatamente innamorare il raffinato e spesso distaccato pubblico parigino.

La squadra è diventata da pochi mesi proprietà del canale televisivo CANAL PLUS e gli investimenti economici diventano nel giro di poco tempo inarrivabili per tutti gli altri team di Ligue 1.

Con Ginola in quella stagione in campo ci sono giocatori come i nazionali francesi Bats, Bravo, Perez e i brasiliani Ricardo e Valdo.

Ma David è da subito la star.

L’amore dei tifosi nei suoi confronti è talmente grande che perfino quando dichiarerà di essere un tifoso dell’Olympique Marsiglia (gli acerrimi rivali del PSG) e addirittura di sognare di giocare per l’OM un giorno, non cambierà nulla nei suoi confronti.

Le due stagioni successive saranno eccezionali per Ginola.

Al termine della stagione 1992-1993 verrà premiato come miglior calciatore della stagione dalla prestigiosa rivista France Football e in quella successiva vincerà il campionato terminando la stagione come miglior realizzatore del Club con 13 reti.

In quella stagione, però, accadrà una delle cose che segnerà in negativo, e per sempre, la carriera di Ginola con la Nazionale francese.

Un suo errore costerà l’eliminazione della Francia dai mondiali negli Stati Uniti del 1994 ad opera della Bulgaria, squadra sicuramente forte e organizzata, ma decisamente inferiore ad una Nazionale francese che poteva schierare tra le proprie fila giocatori del valore di Eric Cantona, di Didier Deschamps, di Emmanuel Petit, di Marcel Desailly, di Jean-Pierre Papin… e di David Ginola.

Insomma una delle Nazionali francesi più forti di tutta la pur gloriosa storia dei “Galletti” transalpini.

Il pallone calciato in una zona del campo dove non c’era nessun compagno di squadra, quando le lancette avevano già iniziato l’ultimo giro, rimarrà per sempre una “condanna” per il fantastico attaccante di Gassin, che farà ingiustamente da capro espiatorio per la clamorosa eliminazione della Francia.

Nel 1995 Ginola è pronto per una nuova avventura.

Lo vogliono in mezza Europa, ma la destinazione pare scontata: la Spagna, dove Barcellona e Real Madrid sono pronte a rompere il salvadanaio pur di avere tra le fila il geniale David.

«Durante l’estate del 1995 Johan Cruyff mi invitò ad un torneo di golf per la sua fondazione a Terragona. Mi disse che mi voleva a tutti i costi, che ammirava il mio modo di giocare e che io ero la sua priorità assoluta».

C’era però un problema: Cruyff gli dice che deve cedere o Hagi o Stoichov per fare posto a lui.

Ginola vuole fortissimamente andare al Barcelona:«Mi vedevo già con la maglia blaugrana correre su e giù per il Nou Camp e camminare con mia moglie per le Ramblas».

Il tempo passa e la situazione non si sblocca.

Nel frattempo c’è Kevin Keegan, manager di un Newcastle tornato ai vertici del calcio inglese, che vuole anche lui a tutti i costi l’attaccante francese.

«Quando per lusingare mia moglie Coraline la portarono in giro per Newcastle con la Rolls Royce del Presidente Sir John Hall per mostrarle le “bellezze” della città, mia moglie tornò a casa in lacrime» ricorda David di quei giorni

«Non vorrai davvero venire a giocare in questo schifo di città?» chiese disperata la consorte di Ginola.

Il destino, si sa, gioca brutti scherzi.

Il primo di luglio David si accorda con la dirigenza dei “Magpies”… il giorno dopo Hristo Stoichov viene ceduto dal Barcellona al Parma.

Al Barcellona adesso il posto per Ginola ci sarebbe stato …

A Newcastle però David si integrerà alla perfezione.

Fuori e dentro il campo.

Il popolo “Geordie” sa amare davvero e David, superati i primi disagi nel passaggio tra Parigi e Newcastle, inizia a giocare alla sua maniera.

Kevin Keegan non è allenatore che ami troppo le alchimie tattiche.

Si va all’attacco, cercando di fare un goal in più degli avversari, giocando un calcio che diverta il pubblico.

«E i calciatori migliori devono essere lasciati liberi di esprimersi». Questo è il credo di “KKK”.

Musica per le orecchie di David, giocatore estroso e geniale ma decisamente anarchico e soprattutto totalmente avulso a dettami tattici fatti di pressing, rientri difensivi e coperture.

Il Newcastle sfiora il titolo… anzi, lo butta proprio alle ortiche.

Quando il Manchester United va al St. James’ Park alla 29ma giornata di campionato ha 12 punti di vantaggio sul Manchester United di Alex Ferguson. Quel giorno una rete di Eric Cantona darà la vittoria ai Red Devils che strapperanno sul filo di lana il titolo ai “Magpies”.

Nella stagione successiva a finalizzare il gioco del Newcastle arriva Alan Shearer.

Sembra l’ultimo pezzo del mosaico per portare finalmente un titolo che nel Tyneside manca dal 1927.

L’inizio della stagione è impressionante. Sette vittorie consecutive tra la 3a e la 10ma giornata di campionato proiettano in Newcastle ai vertici della classifica della Premiership.

L’ultima di queste vittorie è quanto mai significativa: è un 5 a 0 con cui i ragazzi di Keegan annichiliscono gli acerrimi rivali del Manchester United.

Sarà una delle prestazioni più spettacolari mai offerte da una squadra inglese nella storia.

Un calcio offensivo, brillante, creativo che non lascia spazio al pur impressionante squadrone di Alex Ferguson.

David Ginola quel giorno è semplicemente incontenibile.

Il suo secondo goal sarà uno dei goal più belli di tutta la stagione.

Sembra tutto perfetto.

Una squadra che spesso gioca contemporaneamente con Alan Shearer, Les Ferdinand, David Ginola, Tino Asprilla e Peter Beardsley è uno spettacolo per gli occhi. Gli “ENTERTAINERS” verranno definiti i bianconeri del St. James’ Park.

Ma qualcosa nel giocattolo si rompe.

Arrivano nel periodo natalizio 7 partite consecutive senza vittorie.

Il Newcastle scivola al 4° posto in classifica e il Manchester United si allontana.

Poi, però, arrivano due prestazioni strepitose contro TottenhamHotspurs (7 a 1) e Leeds United (3 a 0).

Tutto sembra tornato nella normalità.

Ma dopo il pareggio esterno contro il Charlton in FA CUP arriva la “bomba” che nessuno si aspetta: Kevin Keegan, l’uomo che ha riportato il Newcastle (con la “complicità” delle sterline di Sir John Hall) ai vertici del calcio inglese, si dimette.

Il popolo Geordie è incredulo, sbigottito e affranto.

Al suo posto arriva Kenny Dalglish, grandissimo ex-calciatore ed ex-manager del Liverpool.

Ginola non è esattamente il giocatore “preferito” di Dalglish.

Nel gergo dell’allenatore scozzese ci sono parole come “equilibrio tattico”, “fase difensiva” “rientri e raddoppi di marcatura”… tutte cose avulse e lontane dallo stile di gioco di Ginola.

A fine stagione il divorzio è la cosa più logica. Ginola lascia il Newcastle e l’amore dei tifosi “Geordies” per approdare a Londra.

Il Tottenham Hotspur di Gerry Francis porta al White Hart Lane Ginola e Les Ferdinand, entrambi considerati “surplus” da Kenny Dalglish.

Purtroppo per le speranze degli Spurs la stagione non inizia come sperato.

A novembre Gerry Francis lascia il suo posto a Christian Gross, popolarissimo in Svizzera per i suoi risultati con il Grasshopers, ma praticamente sconosciuto altrove.

Il Tottenham si rilancia e David Ginola gioca una discreta seconda parte della stagione, ma non è ancora il giocatore che i tifosi degli Spurs si aspettano.

Perché tutto torni nella norma bisogna attendere la stagione successiva.

A trentadue anni David Ginola giocherà una stagione straordinaria, deliziando il popolo di White Hart Lane con le sue strepitose cavalcate, i suoi dribbling, gli assist e i goal.

Finalmente gli Spurs, passati sotto la guida di George Graham (ex-gloria dei rivali dell’Arsenal sia come giocatore che come allenatore), conquistano il loro primo trofeo dopo diverse stagioni di vacche magre (la Coppa di Lega), e arrivano fino alle semifinali di FA CUP, dove però saranno proprio gli ex-compagni del Newcastle a togliere la soddisfazione a Ginola e compagni di calcare il terreno di Wembley per un’altra finale.

A fine stagione per Ginola arriverà una grandissima soddisfazione personale: quella di essere eletto miglior calciatore della stagione sia dai colleghi calciatori che dai giornalisti sportivi.

Con George Graham, però, il rapporto non è idilliaco.

«Era invidioso di me, dell’affetto e della stima che i tifosi degli Spurs avevano nei miei confronti. Graham era una primadonna, molto pieno di sé e arrogante. Non potevamo proprio convivere» tiene a precisare Ginola di quel periodo.

La stagione successiva non è certo esaltante per gli Spurs.

Un campionato mediocre, chiuso a metà classifica ed eliminazione precoce da tutte e tre le competizioni ad eliminazione diretta, Europa League inclusa dove il Tottenham deve uscire al secondo turno contro i tedeschi del Kaiserlautern.

David Ginola gioca con regolarità e, pur non raggiungendo i livelli della stagione precedente, continua a dare il suo contributo e, soprattutto, è amatissimo dal pubblico del White Hart Lane, che continua a stravedere per le sue giocate.

Quando il Tottenham accetta un’offerta dall’Aston Villa per tre milioni di sterline Ginola non vuole crederci.

Viene da quelle che lui stesso considera le due migliori stagioni della sua carriera e al Tottenham, e a Londra, sta come un papa.

A portarlo all’Aston Villa è John Gregory che però cerca di imporre a David tutti quegli aspetti che questi ha sempre rifiutato in tutta la carriera: lavoro difensivo durante la partita e allenamenti pesanti durante la settimana.

Quando poi dal suo manager arriva anche l’accusa di essere “grasso” per Ginola è davvero troppo.

Lo scontro è inevitabile.

E se nella sua prima stagione gioca comunque con buona regolarità nella stagione successiva, quella del 2001-2002, è evidente che Ginola non è nei piani né di Gregory, né di Graham Taylor che arriverà sulla panchina dei Villans a gennaio.

Il suo passaggio all’Everton nell’estate del 2002 è solo un ultimo vano tentativo di rinverdire i fasti di una carriera sicuramente eccellente, ma che non lo ha visto ottenere i successi che le sue grandi qualità tecniche lasciavano pensare.

Ancor più difficile da rimarginare la ferita subita da David Ginola con la Nazionale del suo Paese.

17 presenze sono una miseria per un giocatore del suo valore e il fatto che David non fosse nella rosa che vinse il Mondiale del 1998 è poco meno che scandaloso.

“Un lusso” è stato definito dai suoi detrattori.

Si, un lusso che faceva goal e soprattutto ne faceva segnare valanghe agli attaccanti che giocavano al suo fianco.

ANEDDOTI E CURIOSITÀ

«Ho costruito il mio stile di gioco guardando giocare l’unico vero idolo calcistico che io abbia mai avuto: Johann Cruyff. È stato l’unico calciatore di cui abbia avuto il poster in camera».

«Prima di fare il calciatore a tempo pieno avevo iniziato gli studi di legge a Nizza. Volevo fare l’avvocato e so che sarei stato un grande avvocato. Quando parlo la gente mi ascolta. È sempre stato così. Per un avvocato non è una cosa da poco».

Uno dei suoi compagni al PSG fu il grande George Weah, altro giocatore che beneficiò non poco degli assist di Ginola. Durante una partita, però, il contributo di Weah non fu esattamente memorabile.

«Giocavamo a Sochaux e c’erano 5 gradi sotto lo zero. George mi disse che per lui era troppo freddo, che non riusciva neppure a muoversi, figurarsi a correre. Io gli dissi di stare tranquillo. “Nessun problema George. Oggi ci pensiamo noi. Non preoccuparti!”. Vincemmo la partita, praticamente senza il suo contributo. Weah a fine partita ci ringraziò.

In quella successiva, con una temperatura normale, George sembrava indemoniato. Vinse la partita praticamente da solo!»

«L’estate in cui firmai per il Newcastle (1995) mi arrivò una telefonata da David Dein, il presidente dell’Arsenal. Era già passata la mezzanotte. Voleva sapere se mi sarebbe piaciuto andare all’Arsenal. Non avevo ancora firmato per il Newcastle, ma avevo già dato loro la mia parola. E quella per me è sacra».

«A Newcastle ambientarsi non fu certo facile. Il clima, il cibo e le abitudini della gente erano così diverse da quelle a cui eravamo abituati io e la mia famiglia a Parigi. Ricordo che un giorno ci portarono a Whitley Bay per una grigliata sulla spiaggia. Per loro era come essere a Marbella, a Saint Tropez o a Milano Marittima. Vidi gente che faceva il bagno. Provai a mettere la punta del piede in acqua e per poco non mi congelai!»

Il ricordo più brutto è legato ovviamente alla Nazionale e in particolare a quella maledetta sera al Parco dei Principi dove Ginola fu per molti il capro espiatorio della eliminazione della Francia ai Mondiali degli Stati Uniti.

«Sono cresciuto pensando che il calcio dovesse essere uno sport di squadra. Quella sera invece io ero per quasi tutti l’unico colpevole di quella sconfitta. A cominciare da Gerard Houllier e dai miei compagni di squadra che preferirono starsene in silenzio, lasciando che accusassero solo me di quella sconfitta»

Molto onesta anche l’ammissione successiva.

«Il giorno della finale dei Mondiali di Francia del 1998 facevo il commentatore per BBC inglese. Quel giorno vidi i miei connazionali alzare la Coppa del Mondo, il sogno per ogni calciatore. Io sentivo che avrei dovuto essere lì. Quando tornai in albergo scoppiai in un pianto disperato. So bene di essere stato l’unico francese a piangere di tristezza quel giorno».

Della sua stagione all’Everton ci sono pochi ricordi calcistici degni di nota.

Ma uno extra-calcistico assolutamente si!

«Condividere uno spogliatoio con Paul Gascoigne è stata la cosa più divertente che mi sia mai capitata nel mondo del calcio. Non ho mai conosciuto una persona più allegra e spiritosa di Paul.

Ricordo il mio primo allenamento con l’Everton. Io allora portavo i capelli molto lunghi. Ci stavamo preparando a scendere in campo quando uscì dallo spogliatoio Paul con una parrucca con dei capelli lunghi il doppio dei miei. Scoppiammo tutti a ridere come matti! E la cosa folle fu che Gazza fece l’intero allenamento con quella parrucca in testa!»

Il tributo a David Ginola è estratto da http://www.urbone.eu/obchod/mavericks-cult-heroes-del-calcio-britannico