FAAS WILKES: “L’olandese volante” adorato all’Inter
L’Italia è da pochissimi anni uscita dal secondo grande conflitto bellico della Storia. E se è vero che il Paese convive ancora con le macerie di quei terribili anni è altrettanto evidente che in tutti c’è la volontà, l’energia e l’entusiasmo per voltare pagina e lasciarsi alle spalle cinque anni di morte e distruzione.
Nello sport gli italiani stanno trovando quella gioia e quella “evasione” di cui si ha un disperato bisogno dopo tanti stenti e sofferenze.
Calcio e ciclismo in particolare sono un riferimento assoluto per tutto il Paese e le sfide tra Coppi, Bartali e Magni appassionano quanto i duelli per lo Scudetto tra le grandi squadre del Nord.
C’era una squadra che in particolare aveva entusiasmato ed emozionato tutti gli amanti del pallone italico. Era il Torino, compagine meravigliosa che con il suo calcio vincente e spettacolare aveva avvicinato così tanti appassionati a quel gioco che prima del conflitto bellico ci aveva visti per due volte consecutive sul tetto del mondo. Il 4 maggio del 1949 finì un’era e con la morte di quei ragazzi si chiuse l’avventura della squadra di club più forte mai vista all’interno dei nostri confini.
Il calcio però aveva ormai attecchito.
La partita della domenica pomeriggio era il rito pagano di milioni di italiani e un nuovo campionato era alle porte. Chi avrebbe preso l’eredità del Torino ? L’Italia che si stava rialzando aveva la sua economia più florida nel nord-ovest del Paese che si stava industrializzando alla velocità della luce.
Con la Fiat che già investiva pesantemente nella Juventus, (di cui Gianni Agnelli era presidente) il Milan dello scaltro e lungimirante imprenditore del settore tessile Umberto Trabattoni c’era anche l’Inter del presidente Carlo Masseroni, anche lui facoltoso imprenditore nel settore calzaturiero.
Alla vigilia del campionato 1949-1950 sono queste tre squadre quelle considerate dagli addetti ai lavori quelle dalla quale uscirà la nuova squadra regina del campionato.
La qualità dei giocatori a disposizione di queste autentiche corazzate è impressionante. Nella Juve, oltre ai “nostrani” Boniperti, Parola e Muccinelli ci sono giocatori del valore del centravanti danese John Hansen, del regista argentino Rinaldo Martino e dell’altro danese Karl Aage Praest.
Anche il Milan ha fatto le cose in grande. Dalla Svezia sono arrivati tre giovani fenomeni che nel 1948 hanno conquistato il titolo olimpico con la loro nazionale. Saranno i componenti del celeberrimo trio “Gre-No-Li” formato dalla mezzala Gunnar Gren, dal potentissimo centravanti Gunnar Nordhal e dal regista Niels Liedholm.
L’Inter, che ha già nelle sue file il fortissimo franco-ungherese Istvan Nyers, già capocannoniere nella stagione precedente e altri due grandi attaccanti come Benito “Veleno” Lorenzi e Amedeo “Il fornaretto” Amadei ex-idolo giallorosso , acquista in quell’estate del 1949 il roccioso difensore argentino Oscar Basso ma soprattutto il talento olandese Servaas “Faas” Wilkes.
In Olanda è di due spanne superiore a tutti i suoi colleghi. Diversi grandi club europei ce l’hanno nel mirino da almeno un paio di stagioni. Nelle sue prima partite con la Nazionale olandese ha segnato quattro reti al Lussemburgo e tre al Belgio. Ma non sono i gol il suo pezzo forte.
Il dribbling e la tecnica individuale di questo longilineo centrocampista offensivo sono qualcosa di speciale.
Quando parte in dribbling palla al piede è una gioia per gli occhi.
In Inghilterra, in Spagna e in Italia ha diversi estimatori e il suo trasferimento all’estero pare solo una questione di tempo.
Ma c’è un problema e non di poco conto.
La Federazione calcistica olandese, la KNVB, è rigorosamente dilettantistica e non solo non prevede il professionismo nel campionato olandese ma impedisce ai propri calciatori di trasferirsi all’estero.
E sebbene questa cosa faccia decisamente a pugni con l’approccio aperto e liberale di quel paese i suoi dirigenti calcistici sono assolutamente intransigenti.
Wilkes però non si arrende.
L’unica cosa che sa fare veramente è giocare a calcio e nel suo paese lo sa fare molto meglio di chiunque altro.
Ha deciso che il calcio sarà la sua professione.
E così nell’estate del 1949 decide di venire in Italia in vacanza e grazie ad un amico olandese che vive qui da noi si mette in contatto con Giulio Cappelli, direttore tecnico dell’Inter e suo grande estimatore. Il presidente Carlo Masseroni non indugia un secondo. Faas Wilkes potrebbe essere l’uomo giusto per innescare i suoi meravigliosi attaccanti e portare l’Inter nei primissimi posti del campionato.
Wilkes, a quasi 26 anni, firma il suo primo (lauto !) contratto da professionista.
Il suo impatto nelle file nerazzurre è immediato.
Alla terza giornata segna il suo primo gol a San Siro e alla quinta realizza una doppietta nel sette a zero rifilato dall’Inter al malcapitato Venezia.
Wilkes segna con regolarità ma non sono i gol quello che faranno innamorare di lui l’appassionato ed esigente popolo nerazzurro.
Sarà quel dribbling ubriacante, quell’eleganza straordinaria e quella genialità assoluta delle sue giocate che lo faranno entrare nel cuore della tifoseria.
Avrà anche i suoi detrattori, che lo attaccheranno per il suo “esagerato amore per il pallone”, ma saranno una sparuta minoranza rispetto a coloro che andranno in estasi per la sua classe.
Ci sarà una partita in particolare che sancirà indissolubilmente il legame tra Wilkes, “l’olandese volante” è i tifosi interisti.
Sarà in occasione del primo derby della stagione.
E’ il 6 novembre del 1949.
Mentre il Milan è al completo i nerazzurri hanno qualche problema di formazione. Devono infatti rinunciare ad Enzo Bearzot, mediano di corsa e di sostanza e riorganizzare il centrocampo.
L’inizio per i nerazzurri è come un secchio d’acqua gelata: dopo sette minuti i rossoneri sono avanti di due reti, entrambe segnate dalla potente ala sinistra Enrico Candiani (con un passato nerazzurro alle spalle)
Istvan Nyers accorcia le distanze un paio di minuti dopo ma nel giro di cinque minuti, tra il 15mo e il 20mo, prima Nordhal e poi Liedholm portano sul quattro a uno il vantaggio milanista.
Sembra una partita ormai chiusa.
Ma a questo punto sale in cattedra proprio lui, Faas Wilkes. Il suo avversario diretto, il povero capitano rossonero Andrea “Ciapin” Bonomi, va in bambola. I dribbling di Wilkes fanno saltare gli equilibri difensivi nerazzurri e quando prima della fine del tempo “Il fornaretto” Amadei viene innescato in rapida successione dai passaggi di Wilkes prima trova il gol del due a quattro e poi, un minuto dopo, conquista il rigore che Nyers trasformerà con il suo solito aplomb.
Si va così negli spogliatoi con il Milan in vantaggio di una sola rete dopo un primo tempo di fuochi artificiali.
Non passano neppure cinque minuti della ripresa che Amadei mette a segno il gol del pareggio. Il Milan, che sembrava avere la partita in mano, è frastornato. E lo sarà ancora di più quando “Veleno” Lorenzi segna il gol del sorpasso.
5 a 4. Il popolo nerazzurro sta ancora festeggiando quando meno di un minuto dopo Carlo “El negher” Annovazzi (era milanese più della “Madunina” ma aveva una carnagione molto scura) riporta il match in parità.
Siamo solo al 59mo. E siamo già cinque a cinque.
Succede che meno di cinque minuti dopo è ancora Wilkes che dopo essersi liberato in un fazzoletto di tre avversari imbecca per l’ennesima volta Amadei. La sua conclusione non lascia scampo a Milanese, il numero uno rossonero.
Il Milan ci proverà più volte (Candiani colpirà una traversa) ma sarà Wilkes a fare la differenza nella mezz’ora finale. Quando occorre mettere “in ghiaccio” il pallone i compagni cercano lui. E lui fa quello che sa fare meglio di tutti: lo nasconde agli avversari, lo coccola, lo protegge … prendendo calci e spinte ma dando una mano decisiva a conservare quell’esiguo vantaggio fino al novantesimo.
In quella stagione l’Inter chiuderà al terzo posto, dietro i campioni d’Italia della Juventus e dietro anche ai rivali concittadini del Milan.
Nella stagione successiva Wilkes giocherà un’altra stagione strepitosa segnando la bellezza di 23 reti in un campionato che vedrà l’Inter sfiorare il titolo … arrivando al secondo posto ad un solo punto dal Milan.
Nella terza stagione però inizieranno quei guai fisici che ne limiteranno qualità e numero di prestazioni. Wilkes giocherà soltanto ventitre partite per l’Inter arriverà un altro terzo posto.
Un ginocchio capriccioso convincerà i dirigenti nerazzurri a prescindere dalle sue prestazioni. Wilkes e la bellissima moglie, originaria delle Antille Olandesi, sono però innamorati dell’Italia e quando si fa avanti il Torino, che sta piano piano tornando in posizioni di prestigio dopo la sciagura di Superga, Wilkes e consorte sono felici di spostarsi nel capoluogo piemontese.
Il meraviglioso popolo granata è pronto ad accogliere e ad innamorarsi dell’elegante centrocampista olandese. Purtroppo per Wilkes e per il Torino i suoi acciacchi lo costringeranno ai box per gran parte della stagione e le poche volte in cui Faas Wilkes scenderà in campo sarà solo la sbiadita controfigura del calciatore ammirato a Milano solo un paio di stagioni prima.
A 30 anni e con un ginocchio malandato “l’olandese volante” sembra arrivato ormai al crepuscolo della sua carriera.
Quando ormai pare rassegnato ad un ritorno in patria arriva un’offerta importante quanto inaspettata: il Valencia, squadra della Liga spagnola, lo vuole tra le sue fila. Wilkes parte per la Spagna con tante speranze ma anche con tanti dubbi legati alla tenuta delle sue articolazioni che lo hanno pesantemente condizionato nelle ultime stagioni.
Nel passaggio dalla nebbia e dal freddo del Nord Italia al sole del sud della Spagna accade una specie di miracolo: il suo ginocchio torna come nuovo.
Al Valencia Faas Wilkes giocherà tre stagioni straordinarie entrando nel cuore dei tifosi spagnoli esattamente come aveva fatto con quelli nerazzurri.
Proprio in quel periodo riesce finalmente a mettere le mani su un trofeo: è la prestigiosa “Copa del Generalisimo” in onore del dittatore spagnolo Francisco Franco.
Al termine di quella prima stagione verrà addirittura premiato come miglior calciatore del campionato.
Nel 1956, a 33 anni, torna in Olanda. Il VVV-Venlo pare la squadra giusta per chiudere la carriera. Un piccolo club dove giocare senza troppe pressioni. Lì Wilkes rimane per due stagioni ma il destino per lui ha in serbo altre sorprese.
Al Levante, squadra spagnola della serie cadetta e la seconda squadra della città di Valencia, si ricordano perfettamente delle sue prestazioni con i concittadini un paio di stagioni prima e gli fanno una ricca offerta per tornare nella città portuale del centro della Spagna.
Wilkes gioca ancora ad eccellenti livelli, segna venti reti in trentaquattro partite e trascina “le rane” (questo è il soprannome del Club) fino allo spareggio-promozione con il Las Palmas, perso però di misura.
A fine stagione fa ritorno in Olanda dove giocherà altre cinque stagioni, chiudendo la carriera a 41 anni esattamente da dove aveva iniziato … nel suo Xerxes.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Servaas Wilkes nasce a Rotterdam il 13 ottobre del 1923 e cresce a Oude Noorden, il quartiere situato a nord della città dove Faas inizia a tirare i primi calci. Il padre e lo zio hanno una piccola ditta di traslochi e per lui e il fratello Leen il futuro sembra già segnato: lavorare nella ditta di famiglia. Solo che sia lui che il fratello si scoprono ben presto molto bravi a giocare a calcio.
Nelle giovanili dello Xerxes sta facendo sfracelli e a diciassette anni, nella primavera del 1941, farà il suo esordio in prima squadra.
Il calcio, nonostante i nazisti abbiano portato anche in Olanda il loro carico di morte e di distruzione, continua.
Wilkes è talmente bravo che ben presto arriva un’offerta dalla compagine del MVV Maastricht che vuole inserire tra le sue fila i due fratelli. “Professionismo” come detto è una parola inaccettabile per la Federazione olandese che quando scopre che per avere le prestazioni dei due fratelli Wilkes l’MVV “dona” due furgoni alla ditta di trasporti di famiglia è pronta a squalificare Faas e Leen per un anno intero.
I due restano allo Xerxes e i furgoni rimangono a Maastricht …
Nel 1949 come detto arriverà il suo trasferimento all’Inter. Per la Federazione olandese è un affronto inaccettabile. Gli viene tolta la possibilità di giocare per la gli “Orange” fino al marzo del 1955
… fino a quel momento Wilkes aveva giocato 18 partite segnando 17 reti. Ricomincerà a giocarci a 32 anni senza perdere minimamente la sua media. Terminerà la carriera con 35 reti in 38 partite. Il primo a fare meglio di lui sarà Dennis Bergkamp che arriverà a 36 reti il 4 luglio del 1998 contro l’Argentina a Marsiglia durante i campionati del mondo …
La decisione di Wilkes di diventare calciatore professionista pare arrivi durante una trasferta in terra britannica. Il 10 maggio del 1947 viene infatti invitato a giocare una partita organizzata per festeggiare la riammissione di Inghilterra, Galles e Scozia alla FIFA. Davanti ai 137 mila tifosi dell’Hampden Park di Glasgow si affrontano la Rappresentativa britannica contro una Selezione Europea. Faas Wilkes fa parte della comitiva europea dove ci sono fra gli altri Nordhal, Liedholm, Praest e l’italiano Carlo Parola.
Il match viene vinto agevolmente dai britannici (sei a uno) ma pare che sia proprio in quell’occasione che chiacchierando con i suoi compagni di squadra che giocano in Italia e Spagna Wilkes viene a conoscenza dei lauti guadagni dei suoi compagni di squadra di quel giorno.
Nel 1948 gioca le Olimpiadi con la sua nazionale e le sue prestazioni sono tali che il Charlton Athletic si presenta con un contratto per il talento olandese.
In Patria arriva la voce che Wilkes abbia già firmato l’accordo e questo manda su tutte le furie la Federazione del suo paese.
Faas Wilkes nega la cosa, si dice più che disposto a rimanere in patria e rinuncia ad accasarsi al The Valley.
Nella sua testa ci sono i Mondiali del Brasile del 1950, la vetrina definitiva per mostrare al mondo le sue doti … ma quando la Federazione olandese comunica la sua rinuncia a partecipare alla manifestazione stavolta Wilkes capisce che non ci sono più alternative se non trovare un club degno delle sue qualità all’estero.
Dopo la partita di Glasgow si racconta che uno famoso emissario del Milan avesse adocchiato i due svedesi e lo stesso Wilkes, con l’intenzione di portarli sulla sponda rossonera della città.
Gli stranieri permessi all’epoca nel campionato italiano sono tre e il Milan ha le idee chiare.
Giulio Cappelli, il direttore tecnico dei nerazzurri però gioca d’anticipo. Invita Wilkes a Milano. Cena nel ristorante dell’amico olandese e quando a Wilkes viene tradotta la cifra che l’Inter è disposto a pagargli (si parla dell’equivalente di sessantamila fiorini a stagione) è ben felice di apporre il suo nome in calce al contratto.
Chi andava a San Siro in quel periodo ricorda anche con molto piacere l’avvenenza della moglie di Faas, la signora Mona-Yvonne.
“Quando c’era lei in tribuna i nostri occhi passavano da lei al suo marito in campo … per tornare su di lei ogni volta che c’era una pausa nel gioco” raccontavano divertiti i tifosi interisti dell’epoca.
Durante il suo soggiorno a Valencia c’è un ritornello che i tifosi “Che” intonano ad ogni partita e che riassume in maniera perfetta l’attesa e lo stupore per le imprevedibili e geniali giocate di Wilkes. “Que fas, Faas ?”
Uno dei suoi più grandi estimatori è stato sicuramente Benito “Veleno” Lorenzi, suo compagno di squadra all’Inter.
“Io in campo non stavo mai zitto. Avevo sempre qualcosa da dire ai miei compagni, lamentandomi spesso per qualcosa. A Wilkes non ho mai detto una parola. Sapeva sempre cosa fare, dove posizionarsi e come muoversi. Tutto quello che dovevo fare era aspettare che mi desse il pallone buono. E’ vero, qualche volta ci voleva un po’ di tempo perché lui la palla l’amava … ma quando te la passava spesso il più era fatto e io dovevo solo spingerla in rete”.
E’ lo stesso Lorenzi a raccontare un altro divertente episodio della carriera interista di Wilkes. L’olandese, definito da tutti persona simpaticissima e di grande umiltà, era anche molto paziente in campo nonostante fosse spesso il bersaglio dei calcioni degli avversari che lui amava irridere con il suo proverbiale dribbling.
Durante una partita però il suo avversario diretto aveva decisamente passato il limite. Calci, trattenute, spinte … insomma tutto il repertorio dei difensori frustrati. Wilkes perde la pazienza. Solleva il suo avversario da terra e poi gli urla in faccia “Decidi. O cominci a giocare a calcio o ti faccio smettere di giocare a calcio !”
… E Lorenzi garantisce che il difensore avversario scelse la prima opzione …
C’è un calciatore che ha sempre ammesso che il suo unico e vero grande idolo è stato Faas Wilkes.
“Ammiravo il suo dribbling, la sua capacità di correre al massimo della velocità sempre con la palla al piede, la sua capacità di difendere la palla anche sotto pressione. Ho modulato il mio gioco su di lui semplicemente perché era il più bravo di tutti”.
Parole e musica di Johann Cruyff.
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