EMILIANO SALA: “Ho lottato per i miei sogni”
Se nasci in una cittadina come Progreso che non arriva a 3 mila abitanti non sono molte le cose che puoi fare. Se sei un bambino, come lo eravamo noi a metà degli anni ’90, le cose da fare sono essenzialmente due: andare a scuola e giocare a pallone.
Beh, a dir la verità anche a scuola non facevamo altro !
Anche solo arrivare 10 minuti prima del suono della campanella voleva dire improvvisare una partitella lì, nel cortile della scuola, anche due contro due.
Non importava.
Bastava che ci fosse da inseguire e calciare un pallone.
In una comunità così ristretta sono tanti i vantaggi.
O forse da bambino sei portato a vedere solo quelli !
Una scuola, una squadra di calcio, la strada principale e tanta campagna.
Ed un unico gruppo di amici, tutti coetanei.
Eravamo in dodici.
Giusti giusti per squadra di calcio, con una riserva che cambiava sempre.
A rotazione toccava a tutti, anche ai più bravi.
Eravamo una democrazia perfetta, senza saperlo.
Con uno di loro in particolare ero praticamente sempre insieme.
Tutti eravamo innamorati del pallone.
Ma due di noi eravamo “malati” di calcio.
“El Emi” ed io.
Quando gli altri alzavano bandiera bianca dopo un pomeriggio intero a giocare a calcio Emiliano ed io andavamo a casa di uno o dell’altro e fino ad ora di cena giocavamo a farci gol di testa con una pallina da tennis. Palla contro il muro, colpo di testa di uno e l’altro in porta a cercare di non farla passare.
A turno.
Fin quando non ci chiamavano per la cena.
E’ stata la nostra infanzia.
Da quando avevamo quattro anni.
Lui era appena arrivato a Progreso con i suoi dopo aver vissuto a Cululù, un paesino di 300 anime ad una decina di chilometri da Progreso.
A 14 anni giocavamo negli allievi del San Martin, il club più importante (e l’unico !) di Progreso.
Io facevo il difensore centrale e adoravo Roberto Ayala.
Lui giocava da attaccante e nella testa aveva solo un giocatore: Gabriel Batistuta.
Stravedeva per lui.
Per mesi ci supplicò di chiamarlo “Bati”.
Non c’era verso ! Non solo perché dopo anni che chiami uno “Emi” fai fatica a cambiargli nome !
E poi perché fino ad allora non aveva proprio niente in comune a Batistuta !
Emi era magrissimo e piccolino, svelto e con un grande tecnica.
Il dribbling e la velocità erano le sue armi migliori.
Tanto che più di una volta in allenamento mi toccava usare le maniere forti per fermarlo.
Lui non faceva neanche una piega.
Non si lamentava mai.
“Non ci sono amici nella cancha” mi ripeteva sempre.
“Tu fai il tuo lavoro amico mio e io faccio il mio … e a fine allenamento ci andiamo a bere una Coca !”.
La cosa di cui però eravamo tutti assolutamente convinti era che di tutti noi Emi era il più forte di tutti.
Quando lo chiamò per un provino il Colon di Santa Fè, squadra di prima divisione, non c’era nessuno che dubitasse sul fatto che lo avrebbero messo sotto contratto senza alcuna esitazione.
Invece lo scartarono.
Quando tornò a Progreso quelli più dispiaciuti eravamo noi.
Eravamo già convinti di vedere uno di noi, delle “12 meraviglie” come ci piaceva farci chiamare giocare in Prima Divisione nel campionato argentino.
Quello più tranquillo di tutti invece era proprio lui.
“Nessun problema. Andrà meglio la prossima volta” ci disse quando tornò dal provino.
Aggiungendo con il suo splendido sorriso che “Vorrà dire che al Colon segnerò una tripletta quando giocherò contro di loro in campionato !”.
Passò qualche mese e per Emiliano si fece avanti una squadra di San Francisco, nella provincia di Cordoba.
Più che un club vero e proprio era un settore giovanile, molto organizzato e che prestava grande attenzione alla formazione di giovani calciatori.
Si chiamava “ Proyecto Crecer”.
Emi entrò in quella Accademia anche se questo voleva dire mollare tutto il resto.
Vivere nel pensionato del Club con tanti altri giovani ragazzi di belle speranze e tornare ogni tanto a Progreso.
Per Emiliano non era un problema.
Stava semplicemente dando forma al suo sogno.
“Sarò un calciatore professionista” ci diceva ogni volta che tornava in mezzo a noi.
Nel frattempo si era irrobustito ed era cresciuto tantissimo in altezza.
Adesso si che iniziava davvero ad assomigliare al “suo” Batistuta !
In uno dei suoi sempre più rari ritorni a Progreso un giorno ci disse una cosa che ci lasciò senza parole, completamente spiazzati.
“Andrò a fare uno stage in Francia”.
Non ci volevamo credere.
Molti di noi erano stati fuori dalla provincia di Santa Fè un paio di volte al massimo e dello storico gruppo delle “12 meraviglie” erano più della metà quelli che non avevano mai visto Buenos Aires.
… e adesso il nostro amico Emi andava in Francia.
Ci disse che Bordeaux aveva una squadra nella prima divisione francese ed era stato scelto per allenarsi con loro in vista di un suo possibile ingaggio.
Emiliano aveva già vent’anni.
Era già stato rifiutato dal Benfica (nonostante i complimenti di Rui Costa “ragazzi, lui ha giocato con “El Bati” ci raccontò al suo ritorno dopo aver conosciuto il centrocampista portoghese) e anche dal Mallorca in Spagna.
Dopo due schiaffi del genere (che poi fanno tre con quello al Colon) sarebbero in molti quelli che mollerebbero tutto.
“Vabbè, non era destino …” è la frase più ricorrente che si sente dire in questi casi.
Non Emiliano.
Sembrava che ogni delusione servisse solo a rafforzare la sua voglia di emergere, di farcela.
Ogni volta era uno stimolo in più per uno orgoglioso e determinato come lui.
In barba a tutte le Cassandre che lo volevano relegare ad un calcio di secondo piano.
Quando i “Girondins de Bordeaux” lo misero sotto contratto era il 2011.
Tornò da noi in quell’estate.
Ci portò tutti fuori a mangiare la pizza.
Noi non stavamo nella pelle.
Ci raccontò di Bordeaux, degli allenamenti, delle tattiche di gioco, dei campi perfetti dove allenarsi.
Aveva visto anche Parigi … Notre Dame e la Torre Eiffel.
Lo so che può sembrare strano perché l’invidia è il più difficile da confessare di tutti i sette vizi capitali … ma non c’era nessuno di noi, di tutti noi “12 meraviglie” che non fosse felice per Emiliano Sala.
Perché se c’era qualcuno che meritava quello tutto quello che finalmente stava arrivando questo era proprio il nostro “Emi”.
Il fatto di firmare, a quasi 21 anni, il suo primo contratto professionistico fu tutt’altro che un “arrivo” per Emiliano Sala.
Per lui in Francia inizia un vagabondaggio che lo porterà a giocare ai quattro angoli della “Grand Boucle” e in tutte le divisioni possibili.
Il tutto senza mai mollare, senza mai scoraggiarsi, senza mai perdere di vista l’obiettivo dichiarato anni prima agli amici di Progreso.
“Sarò un calciatore professionista”.
Us Orleans in Terza Divisione.
19 reti in 38 partite.
L’anno dopo, il 2013-2014, a Niort.
Stavolta in Seconda Divisione.
Praticamente stesso score.
18 reti in 37 partite.
Da quelle parti nessuno aveva mai segnato tanto in una stagione.
Si torna a Bordeaux ?
Si, ma per un pugno di partite ed uno solo gol.
E allora ancora le valigie in mano stavolta a metà campionato.
Destinazione Caen, piccolo club che lotta disperatamente per mantenere il suo status in Ligue 1.
Emiliano segnerà 5 reti in un pugno di partite, entrando spesso dalla panchina e contribuendo in maniera importante a portare i suoi alla salvezza.
Le sue prestazioni al Caen non sono passate inosservate a tante squadre della Ligue 1 che si fanno avanti con il Bordeaux per il suo cartellino.
A spuntarla sarà il Nantes del manager Michel Der Zakarian che non esiterà a mettere il giovane attaccante argentino al centro dell’attacco dei “Canarini”.
Cinque anni di contratto e finalmente quella stabilità che Emiliano aveva cercato disperatamente fino a quel momento.
Quello di Emiliano Sala è un lento ma costante crescendo.
Sei reti nella prima stagione ma già dalla seconda, quella del 2016-2017, “El Emi” va in doppia cifra: 12 reti, stessa cifra del campionato successivo, quello con il nostro Claudio Ranieri in panchina.
Ormai Emiliano Sala ha raggiunto la completa maturazione.
E’ diventato la classica prima punta che oltre alle caratteristiche tipiche dei calciatori con la sua struttura fisica (189 centimetri per 82 chilogrammi) unisce una ottima tecnica di base e una mobilità non sempre frequente in calciatori della sua stazza.
A Nantes ormai è amatissimo.
Il suo stile indomito, il suo entusiasmo e la sua determinazione ne hanno fatto uno degli idoli dello “Stade de la Beaujoire”.
In quell’estate sono molte le voci che lo vogliono lontano da Nantes.
I turchi del Galatasaray si sono fatti avanti con un’offerta importante.
Ma il Nantes non intende prescindere da lui ed Emiliano a Nantes ha finalmente trovato fiducia e continuità di rendimento.
L’avvio della stagione 2018-2019 è in verità abbastanza complicato per il numero 9 argentino. Miguel Cardoso, il manager portoghese che ora siede sulla panchina dei gialloverdi non è esattamente innamorato di Sala e delle sue caratteristiche.
Emiliano si trova spesso in panchina e anche se quando sale trova spesso la via del gol è evidente che non c’è un feeling particolare tra lui e Cardoso.
Il due ottobre però arriva la svolta.
Cardoso viene esonerato e al suo posto arriva una vecchia volpe della panchina: il bosniaco Vahid Halilhodžić.
All’inizio degli anni ’80 questo grandissimo ex-centravanti è stato un autentico idolo a Nantes dove si rivelò un attaccante letale, capace di segnare 111 reti in 192 incontri e soprattutto di trascinare con i suoi gol il Nantes al titolo di campione di Francia nella stagione 1982-1983.
Halilhodžić, che di attaccanti se ne intende,vede in Sala le qualità che Cardoso ed altri prima di lui non avevano visto.
Sala diventa il punto di riferimento della squadra e più che una “spalla” utilizzata per fare salire la squadra o come sponda per gli inserimenti dei compagni diventa il terminale offensivo del Nantes.
Nonostante alla prima partita sulla panchina dei Canarini arrivi per Halilhodžić e per il Nantes una pesante sconfitta proprio a Bordeaux e con Sala praticamente nullo, in quella successiva ripropone il centravanti argentino al centro del proprio attacco.
Il Nantes travolgerà il malcapitato Toulouse per quattro reti a zero ed Emiliano Sala sarà l’assoluto protagonista del match segnando una splendida tripletta.
Segnerà altri quattro gol nelle successive tre partite ma a quel punto, con 12 reti in campionato e un posto tra i primi tre nella classifica dei marcatori della Ligue 1, il nome di Emiliano Sala è ormai sul taccuino di diversi club europei, della Liga e della Premiership.
I più assidui sono i gallesi del Cardiff del Manager Neil Warnock, il più inglese fra i manager inglesi, che adora un calcio fatto di cross dalle fasce, di lanci lunghi a scavalcare il centrocampo avversario e che non può prescindere da un “9” di stazza nella più pura tradizione britannica.
Il Cardiff mette sul piatto 17 milioni di euro.
Per Emiliano Sala è il salto definitivo.
Un ingaggio praticamente duplicato, un contratto per tre stagioni e mezzo e la possibilità di giocare nel campionato più prestigioso del pianeta.
Niente che non sia più che meritato per un ragazzo nato nella provincia argentina e che come pochi fece suo il “volli, e volli sempre, e fortissimamente volli” dell’Alfieri.
Il destino, il 21 gennaio del 2019, volle invece qualcosa di diverso portandosi questo ragazzo che aveva inseguito e raggiunto il suo sogno.
A Nantes nessuno giocherà più con la sua maglia numero 9.
E a Progreso ci sono undici ragazzi che hanno perso un amico speciale.
ANEDDOTTI E CURIOSITA’
Uno dei suoi amici di Progreso, Martin Molteni, ricorda la sua totale ossessione per il calcio, la sua incredibile voglia di “arrivare”.
“Nella cantina di casa sua si era costruito una piccola palestra. Quando pioveva o dopo cena mentre noi ci trovavamo al bar o a casa di qualcuno del gruppo lui era lì a fare pesi e a cercare di irrobustire quel fisico che quando aveva quattordici-quindici anni era magro e assai poco atletico” aggiungendo anche che “quando tornava a Progreso poteva stare con noi un po’ ma poi doveva sempre andare a correre, o a palleggiare o ad esercitarsi a tirare in porta. Non staccava mai del tutto”.
E’ sempre Martin Molteni, uno delle “12 meraviglie” di Progreso a raccontare che “la cosa che ti spiazzava più di lui era l’umiltà. Quando tornava a Progreso pendevamo tutti dalle sue labbra, volevamo che ci raccontasse di lui, degli avversari, delle partite e dei gol … e invece era lui che voleva sapere di tutti noi, di cosa facevamo, di chi aveva la ragazza, di chi aveva trovato lavoro e di chi ancora giocava a calcio”.
Un giorno quattro dei grandi amici di Emiliano Sala decidono di prendere l’aereo per la Francia e di andare a fare visita all’amico.
Passano con lui gran parte del tempo e rimangono tutti estremamente colpiti dall’affetto della gente di Nantes per il loro amico d’infanzia.
Siamo ormai a fine stagione e una sera la società organizza un barbecue che però è solo per calciatori, staff e dirigenza. Emiliano chiede che anche i suoi amici appena arrivati dall’Argentina possano partecipare alla piccola festa.
I dirigenti oppongono un netto rifiuto.
“E’ solo per membri del Club” gli dicono senza battere ciglio.
“Perfetto” è la tranquillissima risposta di Emiliano Sala.
“Vorrà dire che farete il barbecue con un membro del Club in meno” e infila l’uscita del giardino dove è stata organizzata la cosa.
… salvo poi essere inseguito da un altro dirigente del Club che convince Sala a cambiare idea … permettendo agli amici del bomber argentino di partecipare alla festa !
Solo due giorni prima della sua scomparsa a Progreso si era tenuta una delle feste più importanti del luogo. “La festa del formaggio” con balli, orchestre e stand gastronomici.
“Ricordo che da un altoparlante ad un certo punto arrivò una voce che invitava a prestare attenzione un secondo. Si interruppero i balli, le danze e tutto il paese rimase in ascolto. La voce che usciva dagli altoparlanti ci disse che “Emiliano Sala, il nostro Emiliano Sala, ha firmato oggi il suo passaggio alla squadra del Cardiff della Prima Divisione Inglese”.
Si alzò un lungo, spontaneo applauso.
… due giorni dopo l’aereo che portava Emiliano a Cardiff era precipitato nella Manica …
Progreso da allora non è più la stessa città.
Emiliano ne era il simbolo, era il ragazzo di quel posto dimenticato della campagna argentina che ce l’aveva fatta.
Meno di due anni prima Emiliano era stato l’ospite d’onore alla celebrazione per il centenario dalla nascita del San Martin, la squadra della città.
Parlare in pubblico era tutt’altro che il suo forte.
E’ sempre stato timidissimo e un microfono davanti lo impauriva assai di più di un difensore duro e arcigno.
Quel giorno non parlò di se stesso.
Si rivolse ai ragazzi del Club.
Parlò loro di sacrifici, di impegno e di forza di volontà.
Disse loro che i sogni più grandi costano fatica … ma di non mollare mai, di continuare ad inseguirli con tanta umiltà e tanto coraggio.
Lui aveva fatto esattamente questo e nessuno di noi lo dimenticherà mai e anche se sarà durissima per tutti noi andare avanti sapendo che “El Emi” non c’è più.
Bibliografia
La parte iniziale di questo tributo ad Emiliano Sala è stata ispirata dal bellissimo racconto di Martin Molteni, amico di infanzia del povero Emiliano e raccontato al bellissimo sito The Players’ Tribune dove è stato pubblicato qualche mese fa.