BRUNO PEZZEY: Morte di un gigante
Non credo affatto a tutti quelli che dicono “se tornassi indietro rifarei esattamente quello che ho fatto”.
Balle.
Con il famoso “senno di poi” ce ne sarebbero eccome di cose che avrei fatto in modo diverso.
Solo che in quel preciso momento, nei tanti “incroci” che la vita ti propone quasi ogni giorno, una scelta la devi fare.
A volte fai quella giusta … altre volte no.
Volete qualche esempio ?
Ho giocato gran parte della mia carriera in Germania e vincere il titolo in Bundesliga era il mio grande obiettivo.
No. Era di più. Era diventata una ossessione.
Quando ormai avevo 32 anni mi sono detto che “vabbè, è andata Bruno. Si vede che il destino vuole così”.
Ho lasciato il Werder Brema e sono tornato nella mia Austria, dal mio maestro Ernst Happel allo Swarovski Tirol.
In quello stesso anno il Werder Brema vinse il titolo di Germania.
Il suo secondo titolo della sua storia e a 23 anni di distanza dal primo.
Se lo avessi saputo credete che me ne sarei andato ?
Più o meno la stessa cosa accadde qualche anno prima quando dall’Eintracht Francoforte decisi di trasferirmi proprio al Werder Brema.
L’Eintracht, dove ero stato come un Papa, era in difficoltà economiche mentre il Werder Brema con Otto Rehhagel in panchina era diventato una delle squadre più forti di Germania.
A quell’epoca mi volevano squadra italiane e spagnole ma mi dissi che c’era tempo e che prima di andarmene dalla Bundesliga le mani su quel titolo volevo proprio mettercele dopo che all’Eintracht fallimmo quell’obiettivo davvero per un soffio.
Invece niente titolo e a 32 anni non c’erano più tutte quelle squadre del Sud d’Europa a far la fila per il mio cartellino.
Con il solito “senno di poi” credete che rifarei la stessa cosa ?
Assolutamente no ! Me ne sarei andato in Spagna o in Italia a giocare i miei anni migliori e la vetrina di quel calcio sarebbe stato fondamentale per farmi un nome anche fuori dai confini di Austria e Germania oltre che a rimpinguare in maniera importante il mio conto in banca.
Giocavo nella Nazionale del mio Paese, l’Austria, ed eravamo uno squadrone. Con me c’erano giocatori come Herbert Prohaska, Hans Krankl e Walter Schackner. Loro non ci hanno pensato due volte e in Spagna e in Italia ci sono andati davvero.
Poi però c’era la Nazionale. Ecco qualcosa di cui sono davvero orgoglioso.
Ci ho giocato 84 partite comprese due edizioni delle fase finale della Coppa del Mondo, in Argentina nel 1978 e in Spagna nel 1982.
Fu un periodo meraviglioso.
Nel 1978 ci togliemmo una delle soddisfazioni più grandi nella storia del calcio del nostro paese.
Battere la Germania.
Fu una partita pazzesca, straordinaria e memorabile.
Li battemmo dopo 47 lunghi anni.
“Il miracolo di Cordoba” lo chiamano ancora oggi nel mio Paese.
Nel 1982 arrivammo ancora al secondo turno dove perdemmo di misura contro i francesi e poi pareggiammo con l’Irlanda del Nord … con la gioia personale di mettere il mio nome sul tabellino dei marcatori in una Coppa del Mondo.
Nel 1986 non riuscimmo a qualificarci ma nel 1990, per i Mondiali che si sarebbero giocati in Italia, riuscimmo nell’impresa.
Fu una qualificazione sofferta.
Avrei dato chissà cosa per giocare quel Mondiale.
Non ero più quello di qualche anno prima ma la mia esperienza avrebbe ancora potuto essere utile ad una squadra giovane, che aveva cambiato pelle.
Josef Hickersberger, il mio vecchio compagno di Nazionale e nuovo selezionatore austriaco non la pensava allo stesso modo e quando capii che non ci sarebbe stato più posto per il sottoscritto decisi di ritirarmi definitivamente, anche dal mio Swarovski … non dopo aver vinto il campionato austriaco con ben 8 punti di vantaggio sull’Austria Vienna !
Il calcio mi attrae ancora tanto ma non c’è solo quello !
Ho allenato la Nazionale Under-21 del mio paese fino a pochi mesi fa, ho una famiglia bellissima e fra poche settimane aprirò insieme ad altri amici un Rafting Center qua vicino, a Silz.
… E’ vero, non sono andato in Spagna o in Italia e ogni tanto ci penso ancora … ma amo il mio Tirolo e alla fine si vede che doveva andare così …
Bruno Pezzey non vedrà mai l’inaugurazione del suo Rafting Center (che oggi porta il suo nome).
E’ il 31 dicembre del 1994.
Una delle passioni di Bruno è l’hockey su ghiaccio, disciplina popolarissima da quelle parti.
Appena può si ritrova con gli amici di sempre per una partita.
Pare che la moglie sia un po’ contrariata di quella sua scelta quel giorno.
Ci sono i preparativi per il cenone e una paio di mani forti farebbero comodo.
Non c’è nulla da fare.
Quel giorno cade di sabato e come ogni sabato c’è la sfida a Hockey.
E’ un rito e i riti vanno mantenuti.
Siamo quasi verso la fine della sfida quando Bruno Pezzey si allontana dal vivo del gioco andandosi ad appoggiare alla balaustra a bordo campo.
“Sono stanchissimo ragazzi” dice agli amici un attimo prima di cadere pesantemente a terra.
Saranno le sue ultime parole.
Un attacco cardiaco gli sarà fatale e Bruno Pezzey morirà su quel parterre prima dell’arrivo di un’ambulanza.
Bruno Pezzey, il più forte difensore della storia del calcio austriaco, aveva solo 39 anni.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
In un calcio assai diverso dalla globalizzazione attuale il nome di Bruno Pezzey non è conosciuto come meriterebbe. In tempi in cui il “Dio Pallone” non aveva certo l’esposizione mediatica attuale sono pochi, fuori dai confini tedeschi e austriaci, a conoscere il valore di questo elegante e fortissimo difensore.
Allora utilizziamo i numeri che valgono quasi sempre molto più di tante parole.
Bruno Pezzey per 4 stagioni consecutive (dal 1979 al 1982) è entrato nelle NOMINATION per il PALLONE D’ORO.
Risultato impressionante considerando che si parla di un difensore e neppure di uno dei grandi squadroni europei dell’epoca.
21mo nel 1979, 19mo nel 1980 e addirittura 11mo nel 1981 e 12mo nel 1982 lasciandosi in quel periodo dietro di lui giocatori del calibro di Ruud Krol, Paul Breitner, Zibi Boniek, Peter Shilton e i nostri Scirea, Tardelli e Antognoni.
Purtroppo nella carriera di Pezzey si erano già verificati due episodi che avevano messo in evidenza dei problemi cardiaci.
La prima ai tempi dell’Eintracht Francoforte quando svenne durante un allenamento. Allora si parlò di una pressione sanguigna fuori dalla norma e l’episodio fu velocemente archiviato.
La seconda, assai più grave, avvenne durante un torneo di calcio indoor. In quell’occasione Pezzey perse conoscenza, cadendo a peso morto sul parquet e solo il pronto intervento del medico dello Swarovsky impedì che si soffocasse con la sua lingua.
I controlli che ne seguirono evidenziarono solo un problema minore al cuore (il classico “soffio”) ritenuto quasi banale e comunque molto comune in atleti della sua stazza fisica (190 cm per 85 kg di peso).
Una delle più memorabili prestazioni di Bruno Pezzey è legata ad un’amichevole tra la Nazionale inglese e la sua Austria, giocata nel giugno del 1979 al Prater di Vienna. Fu una partita rocambolesca e spettacolare, terminata con il risultato di 4 a 3. Due delle reti di quell’incontro per l’Austria (compresa quella decisiva) furono realizzate da Pezzey, con due perentori colpi di testa … contro una difesa, quella inglese, che nel bravura nel gioco aereo aveva la sua caratteristica principale.
A livello di Club la soddisfazione maggiore per il “Beckenbauer del Lago di Costanza” fu senza ombra di dubbio il trionfo con l’Eintracht di Francoforte nella Coppa Uefa della stagione 1979-1980.
Fu una manifestazione totalmente dominata dalle squadre tedesche che portarono quattro delle loro squadre alle semifinali.
L’Eintracht di Pezzey si trovò di fronte il Bayern Monaco, favoritissimo per la vittoria finale.
Nella gara di andata a Monaco Rummenigge e compagni si impongono per due reti a zero. Il secondo gol, segnato su rigore da Paul Breitner, fu causato proprio da un fallo in area di Pezzey sull’attaccante avversario Norbert Janzon.
Pezzey però si rifarà abbondantemente nella partita di ritorno, prima segnando il gol del vantaggio in mischia dopo pochi minuti di gioco e poi insaccando con uno dei suoi proverbiali colpi di testa il 2 a 0 a tre minuti dalla fine che porterà il match ai supplementari dove l’Eintracht trionferà con il risultato finale di cinque reti ad una.
L’Eintracht sconfiggerà poi in finale il Borussia Monchengladbach.
Come detto Pezzey non riuscì mai a coronare il suo grande sogno di vincere la Bundesliga anche se in una occasione in particolare ci andò davvero ad un soffio.
Fu durante la sua penultima stagione al Werder Brema, 1985-1986.
E’ il 22 aprile 1986 e si gioca la penultima giornata di campionato. Il Werder, che gioca in casa nel suo Weserstadion, ha due punti di vantaggio sul Bayern di Monaco. Il calendario mette di fronte proprio le due squadre che si stanno giocando il titolo.
Con il risultato inchiodato sullo 0 a 0 a due minuti dalla fine viene assegnato un calcio di rigore al Werder Brema. Segnarlo vorrebbe dire la certezza del titolo. Sul dischetto si presenta Michael Kutzop.
Il suo tiro colpisce il palo. Sarà l’unico rigore fallito da questo calciatore in tutta la sua carriera.
Nell’ultima giornata il Werder Brema perde per due reti ad una a Stoccarda mentre il Bayern seppellisce di reti (6 a 0) il Borussia Monchengladbach strappando, per differenza reti, il titolo al Werder Brema.
Bruno Pezzey era un difensore completo. Poteva agire sia da stopper in marcatura sul centravanti avversario che da libero, vista la sua ottima tecnica di base che gli permetteva di costruire il gioco dalla difesa. Sapeva, all’occorrenza, essere anche estremamente determinato e duro. Qualche volta fin troppo. Durante un match in Bundesliga decise di intervenire in maniera poco ortodossa contro un avversario particolarmente scorretto e provocatore.
Pezzey infatti gli si avvicinò e gli strizzò con parecchio vigore i … “gioielli di famiglia” lasciando a contorcersi sul manto erboso … venendo squalificato per ben 10 giornate di campionato !
Infine il divertente aneddoto riguardante il suo passaggio dal SSW Innsbruck all’Eintracht Francoforte nell’estate del 1978.
Jurgen Grabowski, la fortissima ala tedesca che nell’Eintracht giocò tutta la sua carriera e leader assoluto del team racconterà che al termine del Mondiale argentino del 1978 andò dal Presidente dell’Eintracht Achaz Von Tumen pregandolo di acquistare Pezzey.
“Presidente, è destinato a diventare uno dei difensori più forti d’Europa” supplica l’attaccante tedesco al suo presidente aggiungendo che “è l’uomo che può farci fare il salto di qualità ma dobbiamo sbrigarci prima che tutte le altre squadre della Bundesliga gli propongano un contratto” spiega sempre più infervorato l’esperto Grabowski.
“La penso esattamente come te” gli risponde Mr. Von Tumen aggiungendo “E infatti lo abbiamo messo sotto contratto con noi due settimane prima che iniziasse il Mondiale” fu la serafica conclusione del Presidente dell’Eintracht.
Il ricordo più bello e che più di ogni altro definisce Bruno Pezzey è quello del suo vecchio “Mister” Otto Rehhagel che affranto, ai funerali del suo ex-difensore, disse “E’ morto un gigante. Come giocatore e come uomo”.