ALBERTO MICHELOTTI e LA SUDDITANZA PSICOLOGICA
Alberto Michelotti è stato uno dei più grandi arbitri italiani di tutti i tempi. Carattere volitivo e determinato trasmessole da mamma Elsa e da nonna Marietta e forgiato nel quartiere più autentico e vero di Parma: L’Oltretorrente, dove Alberto è nato e cresciuto.
Un quartiere povero, ma forte e generoso.
Fu qui che pochi anni prima della nascita di Alberto Michelotti le squadre fasciste di Balbo e Farinacci furono rispedite a casa dagli Arditi del Popol0 di Guido Picelli e dalle barricate erette “di là dalla Parma”.
Buon portiere (è arrivato fino alla serie C) quando decide di attaccare i guantoni al classico chiodo Alberto si fa convincere ad intraprendere la carriera di arbitro.
E’ già vicino ai 30 anni che è un’età molto avanzata per poter sperare in una “carriera” importante come giacchetta nera.
Alberto non si lascia certo spaventare.
E’ alto, imponente e determinato.
Brucia letteralmente le tappe.
Nel 1969 debutta in serie A.
Quattro anni dopo è già un arbitro internazionale.
Presto arrivano le designazioni per partite importanti.
Si sussurra che sia tifoso interista e quando viene finalmente inviato a San Siro ad arbitrare Inter v Verona sono in tanti gli amici di Parma curiosi di vedere come si comporterà in campo.
E’ il 28 dicembre del 1969.
C’è un’azione concitata nell’area di rigore degli scaligeri.
Mario Corso, il grande numero 11 nerazzurro, finisce per le terre.
Michelotti lascia proseguire.
Corso, inviperito, si rialza e dice a Michelotti “Mi sa che tu a San Siro non arbitri più”.
L’arbitro emiliano non ci pensa due volte.
Cartellino rosso per il talentuoso mancino dell’Inter.
Metterà tutto a referto.
Per Corso arriveranno cinque giornate di squalifica.
Sudditanza psicologica ? Timore reverenziale ? Condizionamenti da “tifoso” ?
Non certo per Alberto Michelotti da Parma.
Durruti
1 anno agoMichelotti da Parma rubò letteralmente la finale di Coppa Italia al Torino nella stagione 1979/80. Prima inventa il rigore a favore della Roma, che permette ai giallorossi di pareggiare nei novanta minuti il gol del Torino punendo con eccessiva severità (eufemismo) un fallo di ostruzione di Zaccarelli ai danni di Scarnecchla (tra l’incredulità generale, compreso un attonito Bruno Pizzul nella telecronaca), poi non adotta lo stesso metro di giudizio e nega la massima punizione a Graziani atterrato da Turone. Ma non è finita, si concede infine l’errore forse più grave all’80’: Bertoneri calcia a rete su passaggio di Graziani e Maggiora, piazzato davanti alla porta, para con il braccio; Maggiora è fra il granata e la rete, senza la deviazione sarebbe gol sicuro, ma l’ineffabile Michelotti è l’unico a non vedere. Sudditanza psicologica? Ma per carità!