GERD MULLER: Dal tetto del mondo a depressione e alcolismo
“Non so davvero come tutti gli altri ci siano riusciti.
Molti di loro sono rimasti nel calcio, come allenatori, dirigenti, procuratori.
Altri hanno cambiato radicalmente campo di interesse.
Qualcuno è entrato in affari, rilevando o avviando un’attività.
Quel matto di Sepp Majer ha perfino lavorato per un po’ in un circo!
Insomma, in un modo o nell’altro sono andati avanti.
Io invece non ce l’ho fatta proprio a riempire quel vuoto.
Sapevo che sarebbe stata dura.
Ma non “così dura”.
Un po’ lo immaginavo però.
Per loro sarebbe stato più facile.
In fondo quando giocavamo insieme nel Bayern Monaco e nella Nazionale tedesca loro dovevano difendere, marcare un attaccante, parare i tiri avversari o galoppare sulle fasce e fare dei cross.
Tutte cose che è più facile dimenticare, mettere via come un album di fotografie in un cassetto e andare avanti.
Io invece FACEVO GOL.
E non c’è paragone.
Il gol è tutto.
Il gol è ossessione PRIMA ed è liberazione DOPO.
E poi ci sono quei 5 secondi dopo che la palla ha superato quella maledetta linea bianca …
Ecco, quei 5 secondi sono una DROGA.
In quei 5 secondi non sai chi sei, dove sei o cosa stai realmente facendo.
Ebbrezza, rapimento, visibilio, abbandono, estasi, felicità … scegliete voi la parola più adatta.
Quei 5 secondi sono stati la mia droga per più di 20 anni.
… e devo proprio ammetterlo … di DROGATI come il sottoscritto nella storia del calcio ce ne sono stati davvero pochi !
68 “dosi” in 62 partite con la Nazionale del mio paese.
35 in 35 partite nelle Coppe Europee.
662 in 725 partite nei 3 club in cui ho giocato in carriera.
Il gol è tutto.
Pelè un giorno disse che fare gol è come avere un orgasmo.
In molti hanno pensato che avesse torto, o che quantomeno avesse esagerato.
Anch’io penso che avesse torto.
Infatti non c’è nemmeno paragone.
Fare gol è meglio di tutto.
E non solo per quei famosi 5 secondi.
Anche per quello che significa “dopo”.
Il pensiero su cui crogiolarti fino alla prossima partita, il sollievo di aver assolto il tuo compito.
Fino alla prossima partita appunto.
Dove tutto ricomincia da capo.
Dove il gol torna ad essere una ossessione e sai che hai un bisogno disperato di un’altra “dose”.
Per me è stato così per anni.
Fino a quel giorno di dicembre del 1981 quando ho dovuto dire basta.
Le mie tozze e storte gambe non ce la facevano proprio più.
Anche se con la testa avrei potuto giocare altri 10 anni !
Il giorno dopo stavo già scivolando in fondo a quel buco nero dove mi trovo ora.
Non avevo più nulla della mia vita precedente.
I giorni con le mie CERTEZZE, i miei RITI e le mie ABITUDINI erano finiti.
Per sempre.
Allenamenti, partite, ritiri, trasferte, riunioni tecniche, i compagni di squadra, lo spogliatoio, gli scherzi, i pranzi, la preparazione estiva.
Ritmi meravigliosamente sempre uguali, tempi scanditi e conosciuti.
Tutto finalizzato alla partita.
E al gol, la mia droga.
Ora tutto questo non c’è più.
Finito per sempre
Ed io mi sento completamente perso.
Guardo i miei vecchi amici.
Sepp, Uli, Franz … perfino Hans-Georg e la sua edicola !
Sono sereni.
Io, dopo più di 10 anni da allora, sono rimasto ancora là.
Forse addirittura a quel giorno di luglio del 1974.
Quando ho capito, nell’esatto momento in cui quel tiro mio contro l’Olanda aveva superato quella maledetta linea bianca di porta, che non avrei mai più rivissuto un momento come quello.
E avevo ragione.
Un mio gol aveva consegnato al mio Paese i mondiali di calcio.
Quel giorno ero sul tetto del mondo … ora sono nel buco del culo dell’inferno”.
E’ l’estate del 1992.
Gerd Muller, il più grande centravanti della storia del calcio tedesco, è ormai da anni un alcolizzato.
La depressione che lo ha colpito praticamente appena finita la sua fantastica carriera lo ha portato a cercare nell’alcol l’antidolorifico in grado lenire il dolore di una vita senza più il calcio.
Senza più il gol.
Franz Beckenbauer, Sepp Maier e Karl-Heinz Rummenigge, grandissimi calciatori del passato del Bayern Monaco e i primi due compagni di squadra di Muller nel periodo d’oro del calcio tedesco negli anni ’70, sono all’aeroporto di Monaco di Baviera, al ritorno da una trasferta con il team.
Passano davanti al bar con le loro valigie.
Vedono un uomo, con la barba lunga, trasandato e in evidente stato confusionale.
Sembra assai più vecchio della sua età ma lo riconoscono.
E’ Gerd Muller, il più forte centravanti della storia del calcio tedesco.
Non possono sopportare di vedere il loro amico di tante battaglie ridotto in quel modo.
Saranno loro tre ad occuparsi di Gerd, pagandogli il soggiorno in una clinica dove disintossicarsi dall’alcol e una volta uscito inserirlo nello staff del settore giovanile del Bayern Monaco.
Dove Gerd Muller lavorerà per oltre 20 anni, prima sul campo mettendo a disposizione la sua enorme esperienza per i ragazzi delle giovanili e in seguito come dirigente.
Pochi anni fa, nel 2015, è il Bayern stesso ad annunciare che “Der Bomber”, così veniva chiamato da tutti i tifosi tedeschi, è affetto dal morbo di Alzheimer.
Ora è in una clinica, fatica a riconoscere i vecchi compagni e ricorda molto poco del suo grande passato.
Ma al Bayern Monaco nessuno lo ha mai lasciato solo.
Anche perché, senza Gerd Muller, il Bayern Monaco non sarebbe mai stato quello che è stato.
Gerd Muller nasce a Nordlingen, il 3 novembre del 1945.
In una Germania distrutta dal recente conflitto bellico Gerd cresce praticamente in miseria ma nella sua Nordlingen non c’è nessuno che abbia un solo dubbio su quale sarà il futuro di questo ragazzo: ai vertici del calcio tedesco.
A 19 anni il Bayern Monaco lo inserisce tra la sue fila.
Gerd è dapprima deluso. Per lui c’è solo una squadra, quella di cui è tifosissimo e quella dove sogna di giocare: il Norimberga.
Il Bayern tra l’altro è nella Seconda Divisione tedesca e punta proprio su giovani come lui, il mediano Franz Beckenbauer e il portiere Sepp Maier per salire in Bundesliga.
Inutile dire che con tre talenti del genere l’obiettivo viene subito raggiunto, grazie anche alle 39 reti (in 32 partite) segnate da Gerd Muller.
E tutto questo nonostante lo scetticismo iniziale del Mister del Bayern di allora, Zlatko Cajkovski, che la prima volta che lo vide disse di lui “cosa pretendete che ci faccia con questo basso e grasso ragazzo ?”
Fino al 18 ottobre del 1964 per Gerd non c’è spazio in prima squadra.
Dieci partite di campionato nelle quali Gerd aspetta impaziente la sua chance.
Ma le sue autentiche caterve di gol nella squadra riserve del Bayern e la pressione di molti dirigenti del Club convincono Mister Cajkovski ad inserire Gerd in prima squadra.
Non ne uscirà più.
Nel giro di poche stagioni il Bayern Monaco diventerà la squadra più forte di Germania.
Due stagioni dopo il suo arrivo al Bayern Muller esordisce in Nazionale.
Ma la sua consacrazione arriva nel 1970.
La Germania va ai Mondiali messicani come outsider ma dopo uno stentato avvio contro il Marocco (vittoria per 2 reti ad 1) la squadra decolla. Il vecchio bomber Uwe Seeler si sacrifica come spalla di Muller e i risultati sono subito spettacolari.
Gerd segna due triplette consecutive nelle due partite successive contro Bulgaria e Perù e il gol che nei quarti di finale manderà a casa gli inglesi campioni in carica permettendo così ai tedeschi di giocare la storica semifinale dell’Atzeca contro gli azzurri dove altre sue due marcature non saranno sufficienti alla Germania Ovest per raggiungere la finale contro il grande Brasile di Pelè.
Le 10 reti nel torneo gli varranno il titolo di capocannoniere e a fine stagione il prestigioso “Pallone d’oro” di France Football.
Da questo momento in avanti Gerd Muller diventerà l’imprescindibile bocca da fuoco sulla quale Germania Ovest e Bayern Monaco costruiranno i loro successi.
Europei del 1972 e Mondiali del 1974 per la Nazionale e ben 3 Coppe dei Campioni consecutive per i bavaresi.
La finale mondiale con l’Olanda sarà la sua ultima partita con la Nazionale tedesca.
Dissidi con la Federazione lo convinceranno a rinunciare per sempre alla maglia bianca della Germania Ovest.
A neppure 29 anni.
Ma con il Bayern Monaco la sua fame insaziabile di gol non si placa, anzi.
Dopo l’incredibile exploit del 1972 (85 reti segnate nell’anno solare … in 60 incontri ufficiali) per il Bayern di Muller, Beckenbauer, Maier e Hoeness arrivano come detto tre titoli consecutivi nella Coppa dei Campioni tra il 1974 e il 1976.
In due di queste i suoi gol saranno decisivi anche in Finale.
Prima con la doppietta rifilata ai “Colchoneros” dell’Atletico Madrid nella ripetizione del match e poi con il secondo gol che stese definitivamente le velleità degli inglesi del Leeds United nella finale di Parigi del 1975.
Muller continua a segnare con impressionante regolarità anche negli anni successivi.
Non ha più la rapidità di un tempo ma sembra che il suo incredibile opportunismo si sia ulteriormente acuito.
“Dove c’è la palla c’è anche Gerd Muller” dirà di lui il compagno Paul Breitner.
Nel 1979 però ci sono dissapori crescenti fra Muller e la dirigenza del Bayern.
La logica direbbe che è con il team tedesco che “Der Bomber” dovrebbe chiudere la sua meravigliosa carriera.
Non sarà così.
Anche per lui ci sono le sirene della NASL, il campionato di calcio del Nord America che all’epoca attraeva calciatori del calibro di Pelé, Beckenbauer, Best, Cubillas o il nostro Giorgio Chinaglia.
Gerd approderà ai Fort Lauderdale Strikers dove si confermerà spietato realizzatore e dove, nella sua seconda stagione, porterà con i suoi gol gli “Strikers” alla finale, persa poi proprio con i Cosmos di Pelè e del capocannoniere del torneo Giorgio Chinaglia.
Nel 1981 come detto chiuderà la sua incredibile carriera entrando purtroppo in una spirale di depressione e alcolismo dalla quale ne uscirà, con grande forza di carattere e con il prezioso aiuto dei vecchi amici di tanti trionfi.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Di Gerd Muller fin da ragazzo colpiva la grande educazione, modestia ed umiltà.
Quando tutti al Bayern si stupivano per l’ostracismo del Mister Zlatko Cajkovski nei suoi confronti l’immancabile risposta di Gerd era “Inutile continuare a parlarne. L’unica maniera di convincerlo saranno i gol. Nelle riserve, in amichevole e in allenamento”.
Una delle più grandi risorse di Gerd era la sua incredibile determinazione.
Al termine della stagione 1970-1971 la delusione per la mancata conquista del titolo con il Bayern (battuto di due punti dal Borussia Monchengladbach) e la sua personale sconfitta nella classifica dei marcatori (il “Cannone d’oro” così ribattezzata in Bundesliga) vinta da Lothar Kobluhn con due reti più di Muller, convincono Gerd a rinunciare alle vacanze estive. Passerà l’estate ad allenarsi.
All’inizio della preparazione i suoi compagni stenteranno a riconoscerlo.
Gerd si presenta con baffi e barba ma soprattutto con 4 kg in meno e un fisico muscoloso come mai prima di allora.
Il “premio” per questa estate di sacrifici e rinunce sarà una stagione memorabile chiusa dal Bayern come campione di Germania e da Gerd con un record ancora imbattuto di reti in Bundesliga: ben 40 in 34 partite.
L’anno solare 1972 sarà come detto quello di un record capace di resistere fino al 2012.
Gerd Muller, nell’anno in cui la Germania Ovest si consacrò Campione d’Europa, segnò la bellezza di 84 reti ufficiali. In sole 60 partite.
Quaranta anni dopo Messi fu capace di segnarne 91, giocando però 9 partite ufficiali in più del centravanti tedesco.
Beckenbauer è stato da sempre uno dei suoi più grandi estimatori.
“Era brutto da vedere, con quelle gambe corte e tozze e le spalle spioventi. Ma era veloce come un fulmine e saltava come un anguilla. Con lui non potevi distrarti un solo secondo”
La sua abilità nel gioco aereo fu una delle armi migliori di Gerd che con i suoi 174 centimetri non era certo un gigante. Ma la sua elevazione e il suo tempismo gli permettevano spesso di avere la meglio contro difensori assai più prestanti di lui.
Sempre Beckenbauer racconta di un bellissimo scambio di battute tra i due durante una partita in cui il Bayern stava soffrendo gli attacchi avversari.
“Ehi Gerd, non sarebbe male se rientrassi un pochino a darci una mano in difesa” gli grida “Kaiser Franz”.
“Certo” fu la lapidaria risposta di Muller “quando tu verrai qua in attacco ad aiutarmi a fare qualche gol io verrò in difesa a darti una mano”.
Sono però le parole di Paul Breitner quelle che suggellano più di altre l’importanza e il valore di questo fantastico attaccante. “Senza di lui non avremmo vinto nulla di quello che abbiamo vinto, al Bayern e in Nazionale. E per nulla intendo proprio NULLA”.